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Affamato e folle: la storia di Steve Jobs

La storia di Steve Jobs
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Quando si dice: "Born on a different (i)cloud".

È stato uno dei guru dell'elettronica e dell'informatica a cavallo di due secoli, e ha fondato una delle aziende di maggior successo della storia, partendo veramente da zero, anzi: da un camioncino Volkswagen e da un garage.

Emblema del turbo-capitalismo americano, a volte santone, a volte asceta, a volte semplicemente un gran furbacchione, ma sempre decisamente visionario: Steven "Steve" Jobs è stato tutto ma non il contrario di tutto, poiché è rimasto sempre fedele alla sua idea originaria, cioè quella di fare soldi vendendo ottimi prodotti.

Ha immesso sul mercato il primo "personal computer", nonché ha cambiato per sempre il mercato della telefonia e dell'elettronica dei dispositivi mobili, in una carriera più che trentennale dove ha conosciuto momenti d'altissimo livello a vere e proprie crisi economiche che ne hanno più volte frenato la fervida immaginazione.

Lodato, idolatrato, odiato, è comunque riuscito a creare qualcosa di incredibile scegliendo sempre giusti collaboratori, nel posto giusto ed al momento più che giusto, perfetto.

La storia di uno dei grandi della 'terza rivoluzione industriale', che ha portato il calcolo elettronico ovunque non solo nelle nostre case, ma anche nelle nostre tasche.

Buona lettura!

Il design non riguarda solo l'aspetto del prodotto, o l'effetto che fa tenerlo in mano. Il design è come funziona.

Gli inizi: l'incontro e la collaborazione con Steve Wozniak

La storia dell'abbigliamento
I due Steve, Wozniak e Jobs, da giovani negli anni '70

Nel 1975, a causa di un brutto incidente d'auto, il giovane e promettente appasionato elettronico Stephen "Steve" Gary Wozniak fu costretto ad abbandonare l'università, riuscendo però a farsi assumere dalla Hewlett Packard.

Avendo del tempo libero, il geniale inventore cominciò a maturare l'idea di assemblarsi da solo un computer per uso privato, costruito con un impianto amatoriale, cercando di risparmiare il più possibile sui costosi circuiti integrati dell'epoca.

Wozniak, dalla fervida mente creatrice, amava partecipare con profitto alle riunioni dell'Homebrew Computer Club, un piccolo circolo di appassionati d'elettronica amatoriale, che in breve diventerà famoso per aver ospitato, durante le sue riunioni, molti personaggi poi divenuti famosi.

Ad una di queste adutate, Wozniak incontrò un altro Steve, ovverosia Jobs, di qualche anno più giovane di lui e che aveva già conosciuto ai tempi del college.

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Steve Wozniak, chiamato amichevolmente "The Woz", il geniale inventore dell'Apple I e dell'Apple II

Il primo computer di Woz assemblato in garage

Steve Jobs è molto giovane, ma ha già le idee ben chiare: ha capito che l'informatica del periodo è un oceano enorme, esplorato solamente da grandi aziende e grandi centri di ricerca, ma che sta per aprire le sue acque anche alla navigazione della gente comune.

Jobs convinse Wozniak a trafromare la sua passione elettronica in un vero e proprio lavoro: capì al volo le grandi potenzialità del ragazzo e volle sfruttarle per assemblare un computer amatoriale e rivenderlo ai membri del club.

Per finanziare la sua idea, Jobs arrivò a vendere il suo minivan della Volkswagen, mentre Wozniak fu costretto a privarsi della sua amata calcolatrice scientifica dell'HP.
Messi insieme circa $1,300, Wozniak potè comperare i componenti necessari per costruirsi il suo primo computer, direttamente nel garage di Jobs.

Il risultato fu eccezionale: un computer perfettamente funzionante, già assemblato e molto potente, che poteva essere collegato ad una comune TV risparmiando quindi enormemente sul costo di un monitor esterno.

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La scheda logica dell'Apple I

Nasce la Apple Computer Company

Jobs, appena visto il gioiellino prodotto da Wozniak, non ci pensò su due volte e convise l'amico a fondare assieme a lui la Apple Computer Company, chiamando il primo computer prodotto Apple I.

La macchina riscosse subito un grande successo tra gli appassionati, così Jobs strinse un accordo di commercializzazione con il famoso negozio d'informatica The Byte Shop, vendendo i computer già assemblati per $666,66.

La produzione dell'Apple I venne piazzata velocemente, e Jobs riuscì ad ottenere un finanziamento di ben $250,000 dall'imprenditore Armas Clifford Markkula, che però volle 1/3 delle azioni della Apple.

L'esperienza industriale di Markkula fece fare il salto di qualità all'azienda dei due Steve: fu proprio grazie al suo contributo che Jobs potè lanciare al meglio sul mercato, nel 1977, il nuovo Apple II, frutto sempre del genio di Wozniak.

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Armas Clifford Markkula, l'investitore che fece diventare la Apple una moderna azienda multinazionale

Il successo dell'Apple II

L'Apple II era un calcolatore era molto potente per l'epoca: Wozniak incluse un chip grafico capace di visualizzare il colore ed un altro integrato, con annesso altoparlante, in grado di riprodurre i suoni, il tutto in una macchina con processore MOS 6502 della MOS Technology ed una RAM fino a 48 KB.

La riproduzione grafica era limitata al massimo a sei colori contemporaneamente, per una risoluzione video di 280×192 pixel: un niente ai giorni nostri, ma un enorme passo in avanti negli anni '70, quando i calcolatori generalmente non elaboravano le informazioni di colore, e le stampe a video erano inchiodate ai monitor a fosfori verdi.

Contestualmente all'Apple II, Jobs diede incarico di creare anche un logo per l'azienda e, dopo varie bozze, lo studio pubblicitario a cui Steve si rivolse (il Regis McKenna Agency) presentò il definitivo logo della mela morsa, colorato con i colori dell'iride a striscie orizzontali, per richiamare l'attenzione sul fatto che l'Apple II fosse capace di elaborare le informazioni colorate.

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Un Apple II della prima serie

La pubblicità di lancio del prodotto è entrata nella storia dell'arte del vendere, e raffigura un uomo - con tanto di tazza di caffé accanto - mentre è intento a visualizzare un grafico azionario a colori sul suo Apple II, con in profondità una donna sorridente, intente a sbrigare le faccende di casa.

La scritta "Introducing Apple II." ("Vi presentiamo l'Apple II.") è considerata una delle prime "tag title" della storia della pubblicità, mentre l'Apple II è convenzionalmente riconosciuto come il primo 'personal computer' della storia, venduto commercialmente.

Il progetto dell'Apple II fu un grande successo, e portò nelle casse di Apple oltre $1,000,000 di vendite.

Nel gennaio del 1980, Jobs e Markkula portarono la Apple in borsa valori, e dopo qualche giorno il titolo valeva già 256 milioni di dollari, mentre a fine anno la valutazione era di oltre un miliardo di dollari.

Jobs quindi, sebbene molto giovane, era già riuscito nel suo intento di costruire un'azienda milionaria, e tutto questo in soli cinque anni.

L'uscita di Wozniak ed il progetto Lisa

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L'Apple Lisa, il primo computer con interfaccia grafica commercialmente distribuito ad un prezzo accessibile alle imprese

Nel 1980, Wozniak prese parte al progetto che, nei piani di Jobs e Markkula, sarebbe dovuto essere il successore del glorioso Apple II, ai tempi la principale fonte di reddito della Apple: l'Apple III.

Il progetto fu lungo e travagliato: Wozniak cominciò ad auto-emarginarsi, in quanto non particolarmente entusiasta della parte amministrativa a cui Jobs lo aveva relegato; la macchina, peraltro, incontrò l'ostile resistenza di molta della dirigenza interna alla società, paurosa che il nuovo computer avrebbe potuto cannibalizzare le vendite dell'Apple II, che ancora erano eccellenti.

Il nuovo calcolatore partì male sin da subito: per assurde scelte di progettazione, non fu dotato di una ventola di raffreddamento, e questo causò alla prima produzione una quantità enorme di problemi, costringendo Apple a richiamare circa 14.000 schede logiche in garanzia.

La produzione fu quindi modificata, fermata e ripresa nel 1981: i nuovi computer, chiamati Apple III+, vedevano risolte molte delle problematiche di surriscaldamento della prima serie, ma ormai il danno d'immagine era fatto, ed il computer fu presto bollato come 'fallimento'.

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L'Apple III, un grande fallimento commerciale

Il fallimento dell'Apple III

L'Apple II non era una macchina così malvagia, e molte innovazioni con essa introdotte sarebbero diventate standard di lì a pochi anni (basti pensare alle porte d'espansione rapida, oppure all'orologio interno con annessa batteria), ma ebbe la grande sfortuna di essere pienamente operativo solo alla terza revisione hardware, nel periodo in cui IBM lanciava sul mercato il suo PC, che riscosse invece immediato successo a scapito dell'Apple III, ritenuto al contrario inaffidabile.

L'insuccesso commerciale costò molto caro alla Apple, che nel 1981 subì anche il colpo delle dimissioni di Wozniak: messo ai margini dello sviluppo tecnico, il geniale inventore ebbe anche un pauroso incidente areo, da cui miracolosamente uscì illeso, anche se con una temporanea amnesia.

Dopo il disastro (e dopo aver recuperato la memoria), Wozniak decise di abbandonare la Apple, per riprendere gli studi all'Università di Berkeley e conseguire la tanto agognata laurea in ingegneria elettrica.

Decise poi di aprirsi una sua compagnia di innovativi interruttori 'intelligenti' (comandati cioè in remoto, un anticipo della domotica attuale), la CL9, che però chiuse ben presto i battenti.

Jobs considerò l'abbandono del suo amico come un atto di alto tradimento, e la prese così sul personale da usare tutto il suo potere commerciale per boicottare la società di Wozniak, lasciandola in pratica senza partner commerciali.

Atti di vendetta a parte, Jobs stava però ideando un nuovo progetto, con cui sperava di rifarsi del grande insuccesso dell'Apple III.

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Lo Xerox Alto, il primo prototipo di computer con interfaccia totalmente grafica

Lo Xerox Alto

Avendo avuto modo di visionare i laboratori della Xerox nel Palo Alto Research Center (conosciuto con l'acronimo di PARC), Jobs venne alla conoscenza di un nuovo computer in sviluppo, dal concept del tutto differente dall'informatica del tempo, a cui lui era abituato.

Erano i primi prototipi dello Xerox Alto, un calcolatore che sarebbe poi passato prepotentemente alla storia non per le sue vendite (non fu mai messo in commercio), neppure per la sua potenza di calcolo, ma per il suo nuovo modo d'intendere la relazione uomo/macchina.

Lo Xerox Alto infatti faceva girare un Sistema non più a linea di comando, ma grafico: l'interfaccia era dotata di icone, finestre e pulsanti, e tutto si poteva controllare con un nuovo dispositivo ottico, il mouse.

Tale dispositivo, attraverso una rotella libera di muoversi in un involucro plastico, impugnabile con una mano, trasformava il movimento meccanico in un segnale elettronico, permettendo il posizionamento di un puntatore digitale sul display, secondo gli assi cartesiani.

Il progetto originario del mouse era però limitato, rispetto a quello a cui siamo abituati noi: poteva muoversi solo nelle quattro direzioni principali (su, giù, destra, sinistra) e l'interazione con gli elementi a video era limitata (gli oggetti non si potevano 'trascinare').

Al giorno d'oggi non è nulla di nuovo, ma all'epoca la cosa non solo era una novità assoluta, ma non era a conoscenza neppure degli addetti ai lavori di altre compagnie esterne al PARC.

Jobs riuscì a mettere le mani su tali novità concedendo alla Xerox una parte di quota azionaria di Apple, e mise al lavoro Bill Atkinson col suo team d'ingegneri, che apportarono numerose modifiche al progetto originario, tra cui la possibilità di sovrapporre le finestre, il trascinamento e, grazie anche all'evoluzione del mouse ideata da Dean Hovey, in generale tutte le interazioni a cui siamo abituati ora nei nostri Sistemi moderni.

L'Apple Lisa

Jobs investì moltissime risorse della Apple nel nuovo sistema, dal nome in codice Lisa, ma si scontrò con Makkula e con i vertici societari, che lo accusarono di avere un atteggiamento dispotico e disgregante (cosa parzialmente vera), e quindi lo esclusero dal progetto, affidandolo al collaudato capo tecnico John Couch.

Paradossalmente, per Jobs quest'esclusione fu una fortuna, perché gli permise di iniziare un progetto parallelo al Lisa - a budget ridotto - ovverosia la piattaforma Macintosh.

Presentato nel 1983, il Lisa non era una copia dello Xerox Alto, ma grazie al grandissimo lavoro dei tecnici Apple era diventato un computer nuovo, veramente rivoluzionario: dotato di mouse di serie, era il primo dispositivo elettronico, assieme allo Xerox Star commercializzato nel 1981, ad essere dotato di un'interfaccia di tipo GUI (Graphic User Interface).

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Steve Jobs davanti ad un Apple Lisa

Il Sistema Operativo del Lisa, il LisaOS, era multitasking di tipo cooperativo, e la macchina era venduta con un pacchetto di software ideati per l'ufficio dal nome di Workshop.

Non essendo dotato di unità di gestione della memoria (le attuali MMU), il multitasking cooperativo occupava ampi spazi di RAM, affaticando molto la CPU: sebbene fosse una soluzione molto avanzata per l'epoca, il Lisa soffriva di una elefantiaca lentezza rispetto ad altri calcolatori.

Questo fatto cozzava con la grande quantità di memoria principale installata nella macchina: 96 kB, una dimensione enorme per l'epoca (basti pensare come il Commodore VIC-20, all'epoca vendutissimo, avesse solamente 5 kB di RAM preinstallata).

Il costo poi non era decisamente alla portata di tutti: quasi $10,000 per un calcolatore estremamente innovativo sì, ma che forse non giustificava la spesa, soprattutto verso quegli utenti che, per una simile cifra, si sarebbero aspettati un computer velocissimo.

Le vendite andarono veramente male: ne furono venduti pochissimi, ed il progetto fu un autentico fiasco commerciale, forse peggiore persino dell'Apple III.

Mandò quasi sul lastrico la Apple, ma ebbe l'indiscusso merito di portare per primo l'interfaccia grafica negli uffici, ed abituare quindi i dipendenti al nuovo corso dell'informatica che, di lì a poco, avrebbe cambiato totalmente la produzione mondiale.

Il progetto Macintosh e l'inizio dell'informatica per le masse

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Il primo Mac della storia, il Macintosh 128K

Estromesso dal progetto Lisa, Steve Jobs ripiegò su un progetto parallelo, considerato minoritario e a cui erano stati destinati fondi limitati: l'Apple Macintosh.

Tale progetto era stato inziato nel 1979 da Jef Raskin, un ingegnere programmatore specializzato nelle interfacce di comunicazione uomo-macchina del dipartimento Advanced Systems che, tra le altre cose, era stato anche il fautore dell'assunzione nella compagna di Bill Atkinson.

Raskin, che era anche un grande appassionato di fotografia ed arti visive in generale, era fermamente convinto che il 'computer del futuro' non dovesse essere progettato solamente con il massimo della potenza possibile, ma che sarebbe stato necessario anche rivedere totalmente il suo approccio con la metodologia umana, ben poco propensa a dare ordini ed istruzioni tramite codici ed impersonali linee di testo.

Raskin era così convinto del suo modo d'intendere la nuova informatica che fece enormi pressioni a Makkula affinché il progetto Lisa, originariamente pensato come ennesimo computer ad interfaccia testuale, diventasse totalmente grafico.

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Jef Raskin, il padre del Macintosh

Il computer di 'folle bellezza'

Makkula, da bravo imprenditore, si lasciò però una specie di 'piano B', nel caso che il Lisa si rivelasse un fallimento (come poi accadde): ordinò a Raskin di sviluppare un progetto parallelo, col nome in codice "Annie", e dirottò Jobs alla direzione dello stesso.

Steve, coerente con il suo carattere decisamente egocentrico, prese subito in mano la situazione: allontanò quasi subito Raskin, colpevole di non aver la sua stessa visione sul risultato finale della macchina, che nei piani dell'ingegnere sarebbe dovuta essere un calcolatore accessibile dal costo contenuto entro i $1,000.

Jobs aveva un piano differente: il progetto Annie sarebbe dovuto essere di 'folle bellezza', anche a costo di sforare col budget.

I racconti dell'epoca parlano di un'attenzione dei dettagli maniacale di Steve, anche per la componentistica interna: mise mano personalmente al design, e costrinse il team a scartare l'economico processore Motorola 6809 per passare al molto più potente - e costoso - Motorola 68000.

Anche l'interfaccia grafica, fondamentalmente ricavata dal LisaOS, fu rivista da Jobs, che costrinse Atkinson ad arrotondare tutti gli angoli delle finestre del Finder - il file manager di MacOS - dandogli la caratteristica estetica ancora riscontrabile ai giorni nostri.

L'Apple Macintosh: nasce il 'personal computer'

Dopo quasi cinque anni di ricerca e sviluppo, la produzione del primo calcolatore chiamato Apple Macintosh (nome voluto dallo stesso Raskin, originato dal genere delle mele che predilegeva, le McIntosh) cominciò nel 1983, ed il 24 gennaio 1984 Jobs stesso presentò, all'Auditorium Flint del De Anza Community College, il primo modello dell'Apple Macintosh.

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Steve Jobs durante la presentazione del primo Mac

L'evento fu un enorme successo, ed è ricordato ancora come una delle promozioni più incisive della storia di un generico prodotto, non solo elettronico.

Jobs non badò a spese per il lancio della nuova macchina: assoldò addirittura il regista Ridley Scott, che girò uno spot intitolato "1984" (l'assonanza con il celebre romanzo di George Orwell è voluta) e che venne mandato in onda il 22 gennaio 1984, durante il terzo quarto del Super Bowl.

A tutt'oggi, tale spot è considerato una pietra miliare della pubblicità.

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La versione 1.0 del System del Macintosh: essenzialmente, ci sono già tutte le funzionalità e le consuetudini grafiche usate in un qualsiasi Sistema desktop dei nostri giorni

Con i suoi 128 kB di RAM, un monitor a 12" incluso in un case 'all-in-one' e tastiera e mouse di serie, il primo 'Mac' fu lo spartiacque che separò di netto il vecchio concetto di informatica da laboratorio con quello molto più amichevole del 'personal computer'.

Se prima di lui il calcolatore era visto come un mainframe centrale, a cui si collegavano più terminali, con i sistemi compatti le aziende cominciarono a sviluppare l'idea di più computer personali connessi in un'unica rete (il concetto di Local Area Network).

Il primo Mac, dopo la roboante presentazione, partì basso con le vendite: a metà 1985 il progetto Macintosh aveva piazzato solamente 1/4 di quanto preventivato, e questo fece molto preoccupare l'allora amministratore delegato di Apple, John Sculley.

Jobs e Scully arrivarono ben presto allo scontro, e l'ad riuscì ad ottenere la fiducia del consiglio d'amministrazione, esautorando di fatto Jobs.

Gli fece rimuovere la carica di vicepresidente assieme a quella di direttore della divisione Macintosh, e lo emarginò così tanto che lo spinse, in pratica, al licenziamento; cosa che avvenne nel settembre del 1985.

A trent'anni, Jobs si ritrovò di nuovo alle stalle, dopo aver toccato per davvero le stelle: troppo giovane per mollare e troppo vecchio per ricominciare?

Ma anche no.

La fondazione di NeXT Computer

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Il NeXTCube, il primo computer prodotto da Jobs dopo la cacciata dalla Apple

Forte dell'esperienza decennale alla Apple, Jobs decise di rimanere nel mondo dell'informatica che tanto amava.

Con i capitali accumulati nella fortunata carriera alla mela, fondò la NeXT Computer, un'azienda che sin da subito s'orientò alla produzione di calcolatori elettronici di fascia elevata, con l'obiettivo di creare 'il miglior computer esistente'.

Per far ciò, Jobs si circondò di elementi di spicco del panorama universitario e produttivo dell'epoca, integrando nel suoi prodotti il meglio della tecnologia possibile.

La NeXT produsse computer estremamente avanzati e potenti per i tempi: il pieno supporto al PostScript, alla programmazione orientata ad oggetti e lo sviluppo di un innovativo kernel ibrido (NeXTSTEP) permisero l'introduzione sul mercato di ottimi calcolatori, dalle indubbie qualità ma decisamente costosi.

Il primo computer prodotto, il NeXTCube, era un prodotto eccezionalmente potente, ma dal costo proibitivo per le utenze domestiche, che infatti gli preferirono sempre i PC dell'IBM.

Furono poi prodotti altri computer, ma la potenza commerciale di IBM e la sua vincente politica di non chiedere royalty alle aziende terze per la produzione di PC compatibili stroncò i prodotti di Jobs sul nascere.

Nel 1993 la NeXT fu costretta a dismettere il settore hardware, concentrandosi solamente sul suo prodotto migliore, ovverosia l'OS NeXTSTEP, che venne convertito per molte piattaforme esistenti (prima tra tutte, la x86 dell'Intel).

La penuria di software disponibile, però, non permise mai all'OS di decollare e diventare un successo commerciale.

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Il NeXTSTEP, il Sistema Operativo sviluppato da Jobs che sarà alla base del Mac OS X

La fondazione di Pixar

Parallelamente all'attività alla NeXT, Jobs rilevò anche una promettente casa di produzione cinematografica, la Pixar Animation Studios, all'epoca divisione della ben più nota LucasFilm.

Pagata da Jobs 10 milioni di dollari, l'azienda si proponeva un compito ambizioso: produrre film d'animazione totalmente computerizzati (in grafica GCI), dopo che l'idea di sviluppare hardware specifico per la grafica si era rivelata non praticabile.

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"Toy Story", il primo grande successo al botteghino della Pixar

Jobs ci vide ben lungo: ci vollero circa nove anni di sperimentazione e affinamento, ma nel 1995 la Pixar cominciò ad inanellare una serie spaventosa di successi al botteghino con i suoi cartoni animati totalmente computerizzati: "Toy Story" fu il primo della lunga lista, a cui si aggiunsero ben presto "A Bug's Life - Megaminimondo" del 1996, "Monsters & Co." del 2001, "Alla ricerca di Nemo" del 2003 e tanti altri, per un fatturato miliardario.

Nel 2006, Jobs cedette alle pressioni della Walt Disney Company, e vendette la Pixar per la cifra record di 7,4 miliardi di dollari: calcolando la cifra aggiornata con l'inflazione degli anni '80, fu una plusvalenza pazzesca.

Con la vendita di Pixar alla Disney, Jobs entrò nel consiglio d'amministrazione della stessa.

Il ritorno di Jobs alla Apple

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Steve Jobs al suo ritorno alla Apple

Nella prima metà degli anni '90 il mondo dell'informatica mondiale era drasticamente cambiato rispetto agli anni '80: Internet stava cominciando a squassare le fondamenta dell'elettronica da calcolo e, neanche troppo piano, stava lasciando le aziende per entrare prepotentemente nelle case della gente.

Il binomio Windows più Intel, da molti malignamente chiamato "Wintel", dominava ampiamente il mercato, con basi installate milionarie, ed uno share market che raggiungeva e superava il 90%.

Mentre Microsoft macinava quote di mercato su quote di mercato grazie all'enorme successo dei suoi Sistemi Windows, la Apple versava in bruttissime acque: la sua linea di Macintosh a stento arrivava al 5% del totale del mercato, complice un'obsolescenza pazzesca di tutta la linea, un hardware ormai desueto e un Sistema, il MacOS, che negli anni aveva raggiunto insormontabili limiti strutturali.

Basti pensare che, fino alla versione System 9, era ancora un Sistema con multitasking cooperativo: un'anacronia che impediva all'azienda qualsiasi passo in avanti, e che rendeva l'OS, un tempo noto per la sua stabilità ed efficienza, totalmente superato.

John Sculley, nei suoi anni di potere come amministratore delegato, aveva sbagliato più o meno tutto quanto si potesse sbagliare, per un uomo della sua posizione: la produzione hardware di Apple era non solo obsoleta, ma ridondante, con decine di modelli praticamente uguali, ma che differivano tra di loro solo per la sigla dell'Apple Number e per l'imballaggio.

Questo generava confusione tra consumatori ed anche fornitori, oltre che faceva lievitare al massimo i costi di produzione e logistici: Apple infatti, anche se in posizione minoritaria nel mercato, aveva un ampio margine di profitto vendendo i suoi prodotti, ma i ricavi utili erano molto bassi; segno evidente di una cattiva gestione della produzione.

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Jobs che abbraccia il primo iMac

Dalla bancarotta al risanamento di Apple

A metà anni '90 l'azienda di Cupertino si trovava in una situazione estremamente complicata: senza più software buono da vendere, con hardware molto costoso ma infruttifero, con una posizione di mercato ridicola e, dulcis in fundo, con un residuato patrimoniale veramente risicato.

Nel 1996 il consiglio d'amministrazione esautorò il pessimo Sculley e venne scelto, come nuovo CEO, Gil Amelio.

Il nuovo amministratore delegato, esperto nel salvare aziende ad alto contenuto tecnologico dalla bancarotta, identificò subito con chiarezza i problemi di Apple: bassissima qualità dei prodotti venduti, ridondanza ingiustificata nella produzione degli stessi, liquidità ridotta all'osso, stallo totale nel progetto di un nuovo Sistema Operativo e, cosa paradossale per la casa della mela, zero cultura aziendale d'innovazione.

Un'analisi decisamente corretta, vista col senno di poi.

Meglio essere un pirata che arruolarsi in marina.

Per Amelio però il piano di risanamento non fu un successo: sotto la sua direzione, durata poco più di un anno, il valore delle azioni dell'azienda precipitò, e nel 1997, dopo aver fatto perdere ad Apple altri 700 milioni di dollari, l'ad rassegnò le dimissioni.

Sull'orlo della bancarotta e messo veramente con la spalle al muro, il consiglio d'amministrazione richiamò d'urgenza l'unico uomo che aveva un piano per risollevare le brutte sorti aziendali: Steve Jobs.

Jobs era tornato prepotentemente in orbita Apple già da qualche mese, quando la sua NeXT le aveva venduto l'ottimo NeXTSTEP a circa 400 milioni di dollari.

La scelta si rivelò provvidenziale: il ritorno del suo fondatore non solo salvò l'Apple dal fallimento ma, come vedremo, iniziò un radicale processo di cambiamento che riporterà la storica casa di Cupertino a tornare protagonista assoluta del mercato.

Mac OS X ed il nuovo design

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Jobs alla presentazione del primo iMac

Appena tornato al suo ruolo di capo supremo, Jobs iniziò una vera e propria rivoluzione di un'azienda ormai sfiancata da almeno un decennio di scellerate scelte di marketing, con un dipartimento di ricerca e sviluppo ormai inesistente.

Fece immediatamente cessare la produzione di tutto l'hardware obsoleto, e chiamò alla carica di Senior Vice President of Industrial Design il giovane designer Jonathan Paul "Jony" Ive, che Jobs ammirava da tempo in quanto idealmente simile, nella produzione concettuale, alle sue idee di rinnovamento.

Il primo iMac ed il rinnovato successo

Su ordine di Jobs, Ive progettò il primo iMac della storia, che venne presentato al pubblico il 7 maggio del 1998: era un computer compatto, con monitor a tubo catodico integrato, dall'estetica sgargiante e particolarmente curata, che venne accolto molto bene dal mercato, diventando preso un vero e proprio oggetto di culto, soprattutto tra gli esperti ed appassionati di design industriale.

Su espressa richiesta di Jobs, l'iMac era il primo calcolatore elettronico al mondo a non avere nessun lettore floppy-disk integrato: una scelta curiosa all'epoca, considerando l'estrema popolarità di tale formato che, anche se ormai completamente inadatto a supportare la mole dei dati di lavoro del tempo, era ancora utilizzato da molti.

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Jobs presenta i nuovi PowerMac G4

La macchina era inoltre dotata del nuovo processore PowerPC G3, frutto della collaborazione di Apple, IBM e Motorola, ed era eccezionalmente potente anche se estremamente parco nelle dimensioni.

Il progetto fu così convincente già sulla carta che lo stesso Bill Gates, padrone supremo della Microsoft, sentì odore d'affari e finanziò Apple con l'acquisizione di circa 150 milioni di dollari di azioni, oltreché sviluppare una versione per MacOS del suo browser di successo, Internet Explorer.

Il fiuto di Bill si dimostrò giusto (tanto per cambiare): la macchina vendette velocemente un numero enorme di unità, facendo rapidamente tornare Apple sulla bocca degli esperti del settore.

Con il suo slogan "Sorry, no beige!" ("Ci spiace, niente beige!") iMac rappresentò per davvero una piccola rivoluzione dell'informatica del tempo: il primo modello, con carrello del CD-ROM estraibile, è tutt'ora considerato come un'ottima opera di design.

Sulla falsariga dei nuovi iMac, Jobs rinnovò tutta la linea di Mac, introducendo i nuovi PowerMac, ovvero le workstation da scrivania (molto potenti e con design sempre ricercato e curato) e la linea di portatili iBook, anch'essi divenuti di grandissimo successo.

Questo rinnovamento totale della linea, unito alla profonda rivoluzione che Jobs portò all'azienda, salvarono Apple dalla bancarotta in poco più di un anno: un risultato eccezionale, considerando la pochezza da dove Steve dovette giocoforza iniziare.

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Jobs presenta Mac OS X 10.1 Puma

Jobs presenta Mac OS X

Nel 1999, durante il Worldwide Developers Conference, dopo circa due anni di travagliato sviluppo, Jobs annunciò che il vecchio MacOS sarebbe andato definitivamente in pensione con la versione 9, ed al suo posto sarebbe stato disponibile la sua evoluzione, chiamata Mac OS X (la X sta per il numero romano decimo).

In realtà, il nuovo Sistema del vecchio Mac OS aveva solamente il nome: tutto il progetto era in pratica il NeXTSTEP, con ampie parti riscritte ed adattate per renderle più 'Mac friendly'.

Il core del nuovo OS, chiamato Darwin, era il kernel XNU: un codice ibrido, frutto della fusione del microkernel Mach e di FreeBSD, una delle principali evoluzioni di UNIX.

La prima versione beta del Mac OS X venne presentata nel 2000 da un entusiasta Steve Jobs, e la prima release pubblica venne rilasciata nel 2001, col nome in codice di "Cheetah": era un Sistema dalle indiscusse enormi potenzialità, ma soffriva di un'irriducibile lentezza, davvero snervante.

Il passo però era fatto, ed il nuovo corso lanciato: il Mac OS diventerà, negli anni, uno dei migliori Sistemi in commercio, nonché il primo Sistema UNIX desktop piazzato nel mondo per numero di copie installate.

L'intuizione geniale: iPod

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Jobs presenta l'iPod mini

Nell'ottobre del 2001, Jobs presentò la prima incarnazione di un dispositivo diventato poi, in brevissimo tempo, così tanto famoso da aver quasi monopolizzato, da solo, l'immagine della Apple: l'iPod.

Abbastanza contrastato nella stessa azienda che l'aveva prodotto - molti consiglieri non ne capivano il senso - la creazione di Ive fu il massimo dell'essenzialità possibile all'epoca: un lettore musicale (principalmente di file MP3) estremamente compatto, snello e senza alcun tipo di fronzolo, con pochi e sintetici comandi, quasi tutti attivabili grazie all'innovativa ghiera centrale, cliccabile.

Venduto ad un prezzo non proprio economico, era molto semplice da adoperare, anche grazie all'ottimo software fornito in abbinamento, ovverosia iTunes: un buon programma di gestione dei file musicali, diventato col tempo un software completo di catalogazione e riproduzione non solo di audio, ma anche di video.

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Il primo iPod prodotto da Apple

L'iTunes Music Store

Più o meno contestualmente all'introduzione di iPod, Jobs instaurerà dei fitti e ramificati rapporti con le maggiori major musicali del mondo, convincendole a vendere i loro prodotti sulla nuova piattaforma da lui creata: l'iTunes Music Store.

È una svolta non solo per Apple, ma per tutto il mondo musicale, vessato ed indebolito da anni di download illegale, anche grazie all'uso improprio delle reti paritarie e delle nuove connessioni a banda larga: iTunes Store diventerà la prima e la più famosa piattaforma di distribuzione digitale di contenuti, non solo musicali ma anche film, videoclip e serie TV.

L'iPod ed iTunes diedero il via a quella che molti chiamano la 'fase bianca' di Apple: su strette indicazioni di Ive, il design dei prodotti della mela iniziò ad essere sempre più minimalista, ricercato ed essenziale, facendo del policarbonato bianco e della vetroresina elementi costruttivi immediatamente riconoscibili, come ad esempio nella rinnovata linea degli iMac, divenuti in pochissimi anni la famiglia di Mac più venduta nella storia di Apple.

iPhone e la rivoluzione del mobile

La storia dell'abbigliamento
Jobs presenta il primo iPhone, nel gennaio del 2007: il mondo dell'informatica cambia ancora una volta

Nel gennaio del 2007, con le casse dell'azienda finalmente risanate e col successo planetario della linea di iPod, prodotti e venduti in decine di modelli, Steve Jobs presentò un dispositivo destinato, in pochissimo tempo, a cambiare non solo le sorti di Apple, ma a rivoluzionare totalmente un settore miliardario come quello della telefonia.

Rumoreggiato e richiesto a gran voce da pressoché tutti gli utenti della mela da anni, sul palco del Macworld Jobs introdusse il primo modello di iPhone, ovverosia il telefono cellulare avanzato della Apple.

All'epoca il termine 'smartphone' ancora non s'utilizzava, e l'interazione dell'utente, nella gestione dei dati personali, era ancora estremamente limitata: il servizio più usato del momento era l'SMS (Short Message Service) e, anche se erano già disponibili le connessioni UMTS e i messaggi MMS (Multimedia Message Service), erano servizi ancora poco usati dalla gente.

Il problema era di natura puramente pratica: i display dei cellulari dell'epoca raggiungevano dimensioni e risoluzioni infime, ed usufruire dei servizi del web era estremamente difficile, anche considerando il metodo di input molto poco adeguato, ovverosia pulsanti e tastiera numerica.

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L'iPhone EDGE, il primo modello prodotto da Apple

iPhone: un dispositivo rivoluzionario

Quando Jobs annunciò il primo modello di iPhone, tracciò un solco profondissimo con quello che era e quello che sarebbe stato il mondo della telefonia: un display ampio, il più ampio della categoria (3,5"), capace di visualizzare 320×480 pixel (idoneo quindi alla visione di filmati PAL e NTSC), con pulsanti fisici ridotti veramente al minimo (solo quattro, con un commutatore a leva per attivare la vibrazione), ed un display LCD completamente sensibile al tocco, con un digitalizzatore capacitativo.

Il telefono era completamente orientato alla fruizione dei contenuti: aveva un OS dedicato e ricavato da OS X, dapprima nominato iPhoneOS e poi semplicemente iOS, degli applicativi come Safari, Mail e versioni mobili di Google Maps e Youtube, oltreché una rubrica contatti sincronizzabile facilmente con quella del Mac o PC ed un riproduttore musicale e video.

Sebbene non così potente come i cellulari dell'epoca (mancava ancora la connessione in 3G e la doppia camera frontale era assente), il telefono era concettualmente rivoluzionario: era un dispositivo compatto completamente slegato alla produzione telefonica dell'epoca, e Jobs aveva perfettamente intuito che la fruizione dei contenuti in mobilità sarebbe diventata la principale fonte di guadagno del mercato della telefonia di lì a breve.

Inizialmente commercializzato solo negli USA ed in pochi altri Paesi, con la versione iPhone 3GS il nuovo dispositivo venne distribuito in tutto il mondo, diventando immediatamente oggetto di culto, e dando il via al nuovo mercato mondiale degli 'smartphone', ovvero dispositivi telefonici in cui l'utente è in grado di gestire anche i dati personali.

Il telefono fu immediatamente studiato, riadattato ed in parte copiato da decine di aziende, facendo iniziare una pazzesca corsa all'innovazione che ha portato, in pochissimi anni, ad avere dispositivi mobili potenti e veloci quasi quanto i loro corrispettivi da scrivania.

Con l'avvento degli smartphone, anche il mercato della programmazione, in una sorta di piccola crisi post-2000, si riattivò immediatamente, e centinaia di migliaia di programmatori poterono guadagnare sviluppando applicativi dedicati per pressoché ogni genere di servizio e necessità.

"Rivoluzioneremo tutta la telefonia", soleva dire, forse con un pizzisco di supponenza, Jobs.

I risultati gli hanno essenzialmente dato ragione.

iPad ed il nuovo business dei tablet

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Jobs alla presentazione del primo iPad, nel 2010

Nel gennaio del 2010, a tre anni di distanza dalla presentazione del primo iPhone e dopo aver riscritto in maniera decisa le regole della telefonia mondiale, Jobs presentò l'ennesimo prodotto destinato a cambiare ulteriormente attitudini e utilizzi informatici della gente: l'Apple iPad.

Presentato come un rivoluzionario tablet di seconda generazione, il dispositivo montava lo stesso Sistema iOS presente nel suo compagno iPhone, con un display totalmente sensibile al tocco capace di visualizzare una risoluzione di 1024 x 768 pixel, con un formato d'aspetto di 4:3.

Distribuito in due versioni principali, solo Wi-Fi oppure Wi-Fi più connessione dati 3G, il tablet riuscì finalmente a imporre la categoria sul mercato di largo consumo, dopo i ripetuti fallimenti del passato (anche della Apple, col suo Newton).

L'iPad fu un grandissimo successo di critica e pubblico, e cominciò quindi una costante evoluzione del brand, che in pochissimi anni raggiunse gradi di sviluppo considerevoli, incorporando processori sempre più potenti e display sempre più luminosi e dettagliati.

I progetti finali e la morte di Steve Jobs

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Nel 2003, a seguito di alcuni controlli di routine, Jobs scoprì di avere una rarissima forma di neoplasia maligna al pancreas, sviluppatasi in un tempo incredibilmente veloce, per un uomo della sua età (in circa nove mesi).

La forma tumorale si dimostrò subito molto feroce e difficile da curare: i medici tentarono un intervento chirurgico per rimuovere la neoformazione, che risultò parzialmente efficace riuscendo a ridurre la massa tumorale, ma che fece però sviluppare in Steve il diabete di tipo 1.

Per riprendersi, lasciò per due mesi l'incarico di amministratore delegato al suo fedele braccio destro Tim Cook, ma non riuscì mai a ritornare in piena salute.

Nel 2009 le notizie riguardo le sue condizioni generali diventarono preoccupanti, e si vociferò anche di un intervento di trapianto del fegato: fu costretto ancora una volta a passare le consegne a Tim Cook, prendendosi altri sei mesi per la convalescenza.

Ritornò al suo posto da CEO, ma nel 2011 le sue condizioni peggiorarono sensibilmente, tanto da essere sostotuito, per gli incarichi di tutti i giorni, ancora una volta da Cook.

Comparve sul palco del Worldwide Developers Conference nel giugno dello stesso anno, per presentare i nuovi servizi di iCloud e il nuovo OS X 10.7 Lion, e quella sarà l'ultima uscita pubblica di Jobs prima della morte.

Ormai in stato terminale per via del riacutizzarsi del tumore, non più operabile, il 24 agosto del 2011 si dimise definitivamente da amministratore delegato, pregando il consiglio d'amministrazione di prendere in considerazione, per il nuovo CEO, Tim Cook (cosa che il consiglio fece).

Morì nella sua casa di Palo Alto in California il 5 ottobre 2011, vegliato dai suoi cari, a soli 56 anni.

Fu tumulato all'Alta Mesa Memorial Park, sempre in California.

I suoi ultimi progetti, ai quali stava lavorando con Ive prima che la malattia lo invalidasse completamente, erano tutti sulle nuove famiglie di iPhone, ovverosia le serie 5 e le serie 6.

La sua morte ha lasciato milioni di appassionati e clienti Apple scioccati, ed esternazioni di cordolio sono venute da pressoché ogni personaggio dell'industria dell'informatica e dell'elettronica, anche se qualcuna (come la voce di Richard Stallman) non è stata particolarmente benevola con la memoria di Steve.

L'eredità di Steve Jobs ed il suo contributo all'elettronica

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Parallelamente ad altri grandi protagonisti dell'epopea dell'informatica, il lavoro svolto da Steve Jobs è stato enorme nel settore dell'elettronica: non era un ingegnere, non era un designer, non era neppure un programmatore, ma forse è stato molto più di tutte queste figure messe assieme.

È stato un grande imprenditore, che ha saputo partire veramente da zero, credendo quasi sempre nelle giuste persone e, avendo ben capito che le masse hanno costantemente bisogno di un qualcosa da desiderare, è riuscito a costruire molte basi della produzione moderna di computer, ormai considerate assodate.

L'aver saputo mettersi in affari con gente del calibro di Steve Wozniak e Bill Gates (ingegneri non proprio facilissimi da trattare), nonché aver sempre cercato di indirizzare l'elettronica verso un settore molto remunerativo ma, al tempo, del tutto inesplorato - la casa della gente comune e gli uffici delle piccole aziende - ha decisamente creato quella rete commerciale divenuta poi standard nel settore.

Non aveva un bellissimo carattere, a detta di molti, e l'affermazione può essere creduta considerando la tenace e ferrea linea d'azione con cui era solito comandare i suoi collaboratori, ma in fondo: chi è l'essere umano che, a capo di un'azienda miliardaria, dev'essere necessariamente simpatico ed affabile?

Steve Jobs: un manager discusso, ma differente

Richards Stallman, il leggendario ed intransigente programmatore tra i più famosi del mondo, spese parole durissime alla morte di Steve Jobs, incolpandolo dell'eccessivo controllo dei suoi prodotti in commercio, e dell'aver sempre combattuto strenuamente il concetto di 'software libero', così caro al sistemista americano.

Opinioni personali a parte, è comunque innegabile il grande contributo che Jobs diede, con le sue visioni, al mercato dell'elettronica: dispositivi come i calcolatori della famiglia Macintosh, l'iPod, l'iPhone e l'iPad, non dimenticando l'epopea della Pixar, hanno sicuramente cambiato molto della nostra vita di tutti i giorni.

Forse non è stato sempre il miglior dirigente possibile, e forse l'aurea mistica da santone che si è genialmente creato l'hanno fatto non propriamente amare da chi con l'elettronica ci campa seriamente, ma di certo è stato qualcuno, nella grande storia dell'informatica.

Qualcuno differente, è il caso di dirlo.

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