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Il brand management: cos'è, a cosa serve

Il branding aziendale
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Che cos'è la marca?

Ed il marchio?

Che differenza c'è tra logo e logotipo?

Perché siamo disposti a pagare di più, a parità di qualità, per un prodotto con un certo marchio invece che un altro?

Come mai i prodotti di lusso, sebbene di fattura spesso uguale a tanti altri, costano enormemente di più?

È il fantastico modo del branding, ovverosia di quella specifica area del marketing che si occupa esclusivamente di creare, gestire, rafforzare ed aumentare il valore percepito di un marchio aziendale.

Se ti sembra che quella giacca di Dolce & Gabbana o Gucci abbia un costo spropositato rispetto al suo reale valore e vuoi capire come mai il mercato non la rigetta, continua pure a leggere questa pagina: troverai la storia del branding, di cos'è, di come funziona e in che settori della mercatologia può essere applicato.

Buona lettura!

Però sul ponte tra Messina e Reggio gli operai a gettoni sono progettati dalla Sony / Alla mafia han dato in cambio un Tamagotchi e il monopolio nazionale del settore videogiochi

Cos'è la marca

Il branding aziendale

La marca (brand in inglese) è un elemento visivo, di composizione e costruzione logica variabile, con cui un'azienda identifica sé stessa oppure i prodotti che vende (sia beni che servizi).

La marca può essere di qualsiasi tipo: un nome, un simbolo, un disegno.

Lo scopo della marca è differenziare in maniera chiara e non ambigua l'azienda od il prodotto dalla concorrenza, sia essa un'altra ditta oppure un prodotto similare.

Perché c'è bisogno della marca per i prodotti

Il branding aziendale

Come gli esseri umani, anche se essenzialmente tutti appartenenti allo stesso genere (Homo Sapiens) si differenziano per aspetto, cultura, capacità comunicative, qualità e potenzialità, così le aziende, anche se concettualmente eguali, si debbono differenziare sul mercato.

Se nella vita di tutti i giorni i casi di onomimia tra le persone possono creare piccoli o grandi problemi, nell'economia di mercato ciò è assolutamente da evitare, poiché il successo d'impresa si basa essenzialmente non solo sulla qualità del prodotto distribuito, ma anche sulla sua reputazione.

Ti faccio un esempio pratico con un cliché: se ti chiami Mario Rossi, sai perfettamente che avrai una quantità enorme di tuoi omonimi in tutta Italia, talmente vasta da rendere pressoché impossibile la tua capacità di distinguerti tra la massa solo per il tuo nome.

Questo può essere un problema, poiché un altro tuo onomino può tranquillamente commettere atti delinquenziali o condurre una vita non proprio impeccabile, recandoti indirettamente un danno d'immagine, per via del nome in comune.

L'aspetto che hai in comune con tale ipotetico delinquente è ininfluente: non tutti potrebbero conoscere le vostre differenze fisiche.

Per evitare ciò, in Italia (come in tutti gli altri Paesi), c'è l'obbligo di identificare le persone non solo col nome e cognome, ma anche con altri elementi: uno dei più conosciuti è il Codice Fiscale.

Pensa ora al mercato aziendale: pensa se un'azienda che ha il tuo stesso nome, e che magari produce un prodotto simile a quello che vendi te, ti rovinasse la reputazione la qualità molto bassa della sua produzione, cosa faresti?

La marca non è solo quello che paghi: la marca è tutto quello che compri.

Il bisogno di differenziare i prodotti con la marca

Sai benissimo che la gente, per sua stessa natura, tende a scambiarsi informazioni sui beni ed i servizi che acquista: cosa faresti quindi se un'altra azienda tua onomima rovinasse la tua immagine facendo circolare informazioni negative suoi suoi prodotti, che la gente invece crede che siano tuoi?

Ora, in una società semplice e con un mercato altrettanto semplice, il problema dell'omonimia e dei sopra citati possibili equivoci non si pone, ma come fare quando si vive in una società complessa, con un mercato complesso, con centinaia di migliaia di aziende che producono negli stessi settori, magari con prodotti altrettanto uguali?

Le aziende sono identificate tramite apposito codice (la Partita IVA), ma questo sono ai fini fiscali: il consumatore non può fisiologicamente ricordarsi del codice numerico di ogni azienda, e per ovvi motivi mnemonici.

C'è quindi bisogno di identificare in maniera immediata, chiara e senza possibilità d'errore un'azienda, un bene od un servizio, e tale differenziazione deve essere permessa a colpo d'occhio.

Ecco perché c'è bisogno di marcare, ovverosia applicare un marchio visuale (un nome, un simbolo, un disegno) all'azienda od al prodotto che si propone sul mercato.

Tale marchio non dovrà essere uguale ad altri, ed anzi si dovrà differenziare in maniera totale da tutti i suoi simili: solo così il consumatore potrà associarlo univocamente ad una ditta o ad un prodotto, riconoscendolo tra la massa.

Quindi, ricorda sempre che la marca non è solo quello che paghi: la marca è tutto quello che compri. Contattami ora per la tua promozione!

Quando è necessaria la marca?

Il branding aziendale

La marca è necessaria sempre quando si verifica almeno una delle seguenti variabili:

  • Si fa business con una società operante in economia di mercato;
  • Esistono due o più aziende che producono lo stesso prodotto;
  • Esistono due o più aziende che producono con lo stesso nome

Com'è facilmente intuibile, la marca è quindi necessaria pressoché in ogni settore del mercato, in ogni paese del mondo, salvo rarissime eccezioni (esempio: nei regimi di monopolio od in settori nazionalizzati).

Operare in un regime di libero mercato senza marca, sebbene sia teoricamente possibile, è praticamente irrealizzabile per quasi tutti i settori del mercato: anche il più piccolo business necessita di una marca riconoscibile tra la gente, a prescindere dal prodotto che vende.

Solo pochissimi prodotti generici (come il pane od il sale) possono essere commercializzati anche senza marca. Contattami ora per la tua promozione!

Marca o marchio?

Il branding aziendale

Marca e marchio, sebbene siano concetti spesso sovrapposti, sono due cose distinte: la marca è un concetto astratto e variabile che caratterizza un'azienda od un prodotto, mentre il marchio è un concetto giuridico, ossia ha una valenza legale.

Per legge, in Italia il marchio è un qualsiasi elemento grafico che possa essere depositato o registrato presso l'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, ed è quindi usato dalle aziende per far conoscere giuridicamente la propria marca.

Sovente, i consumatori associano la marca al marchio, e questa è una cosa in molti casi voluta dalle aziende, poiché rafforza l'identità dei prodotti che producono o commercializzano.

Un'azienda può avere un marchio per la sua marca (il nome dell'azienda stesso, ad esempio), oppure anche un marchio specifico per un prodotto od una serie di prodotti che produce.

Ad esempio, la famosa Microsoft ha come marchio visuale la propria marca, che ha associato alla linea di software Windows oppure Office.Contattami ora per la tua promozione!

Logo o logotipo?

Il branding aziendale

Il logo è un elemento puramente grafico che può essere associato ad un'azienda o ad un prodotto.

Il suo scopo principale è far immediatamente riconoscere, a colpo d'occhio, l'azienda od il prodotto venduto.

Non ci sono limiti a quello che può essere registrato come logo, e la sua progettazione è di fondamentale importanza durante la stessa costituzione dell'azienda o l'ideazione del prodotto da vendere.

Il logo dovrebbe essere di semplice comprensione e di natura grafica adattabile senza troppi problemi alla comunicazione su qualsiasi media o supporto.

Un ottimo esempio di logotipo è la famosa mela morsa della Apple.

Il logotipo è uno speciale logo che, nei suoi elementi grafici, incorpora un nome.

Il nome incluso può essere di qualsiasi genere: un prodotto, un anagramma, il nome aziendale, un abbreviativo, un acronimo, ecc ecc.

Un perfetto esempio di logotipo è il marchio della FIAT, oppure di Google, della Nutella, della Sony o Samsung. Contattami ora per la tua promozione!

Che cos'è e dove nasce il brand management

Il branding aziendale

Il 'brand management', ovverosia la gestione della marca, è quello specifico settore della mercatologia (marketing) che si occupa di studiare ed applicare tutte le strategie necessarie al rafforzamento della marca e dei marchi aziendali, sia della ditta in sé che dei prodotti che vende.

Storicamente, la nascita di questa particolare discliplina del marketing si rimanda al 1931, quando l'allora neo laureato Neil H. McElroy, fresco assunto alla Procter&Gamble, stilò un memo per aiutarsi in una particolarmente difficile campagna promozionale, ovverosia il lancio del nuovo sapone Camay.

McElroy, che in futuro sarebbe diventato Segretario alla Difesa del presidente americano Eisenhower, si trovò di fronte ad un problema particolarmente frustrante: la campagna del Camay non si scontrava solamente con i diretti concorrenti (competitors) del mercato, ossia Lever e Palmolive, ma anche (e forse, soprattutto) con un altro prodotto della P&G similare, il campione di vendite e punta di diamante dell'azienda Ivory.

McEnroy intuì subito che il rischio di uno scontro interno tra i due prodotti (la cannibalizzazione) era reale e concreto: per evitarlo, nel suo ormai storico memo suggerì di focalizzare l'attenzione non tanto sulla marca dell'azienda, ma sul prodotto in sé, senza però togliere risorse agli altri prodotti della P&G.

Piuttosto che avere una sola persona a curare l'immagine per ogni prodotto, compito già allora considerato abbastanza improbo, sarebbe stato necessario avere piuttosto un team dedicato, con varie personalità che si sarebbero occupate degli aspetti specifici del prodotto, in modo da assicurare un pacchetto di servizi completo, funzionale e scalabile.

Il modello proposto da McEnroy fu talmente rivoluzionario da cambiare non solo tutta la struttura promozionale della Procter&Gamble, ma da creare anche un nuovo settore del marketing, ossia il brand management.

Lo schema concettuale di McEnroy, ancora usato con successo, permette alle aziende la promozione di differenti prodotti (anche di settori uguali) in maniera molto flessibile, evitando che questi vadano in competizione tra di loro.Contattami ora per la tua promozione!

La decisione della marca

Il branding aziendale

Un'azienda che intende fare business e commercializzare un prodotto con una marca, deve obbligatoriamente prendere una decisione su cosa brandizzare.

Tale strategia va decisa non solo analizzando la capacità industriale, ma anche tenendo conto degli obiettivi di marketing: non sempre le due cose coincidono, in quanto spesso e volentieri una data politica promozionale non è coerente con un'adeguata produzione industriale, e viceversa.

Le quattro variabili da analizzare sono:

  • Marchio industriale
    Il nome stesso dell'azienda produttrice.
    Come detto in precedenza, è obbligatorio per pressoché ogni ditta operante in regime di libero mercato.
    Un esempio classico: la famosa azienda pastificia De Cecco, oppure la Coca-Cola Company;
  • Marchio commerciale
    È il marchio usato dai rivenditori o dai distributori, ma anche dai privati.
    Nel (raro) caso che l'azienda produttrice commercializzi essa stessa i propri prodotti, il marchio commerciale può coincidere con quello industriale.
    Un ottimo esempio di marchio commerciale è Giochi Preziosi di Enrico Preziosi;
  • Marchio su licenza
    La vendita dei diritti di un dato marchio, che potranno essere utilizzati per prodotti in un'area geografica differente da quella della commercializzazione originale oppure per un altro prodotto non concorrente;
  • Marchio condiviso (co-branding)
    Un marchio che, come il nome stesso suggerisce, è condiviso tra due o più aziende, spesso per promuovere la vendita di prodotti il cui sviluppo e progettazione sono stati possibili unificando gli sforzi, oppure meramente per guadagnare più penetrazione sul mercato unendo la potenza promozionale.
    In altri casi, è l'unione di due marchi di due aziende totalmente differenti, con prodotti completamente differenti ma entrambi famosi presso il pubblico: mettere due brand vincenti assieme rafforza la loro immagine, poiché il consumatore riconosce i punti di forza d'entrambi e li valuta quindi vincenti;
    Un buon esempio di co-branding tecnico è la defunta Sony-Ericsson, mentre un ottimo esempio di co-branding promozionale è l'accoppiata Nike ed Apple ed il loro prodotto Nike+
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La strategia della marca

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Dopo aver deciso cosa brandizzare, una generica azienda deve necessariamente decidere come farlo.

Anche in questo caso, le opzioni sono molteplici, e formano quella che viene chiamata la 'brand strategy' (strategia della marca).

La brand strategy dipende fortemente da cosa si va a promuovere: le tattiche infatti cambiano considerevolmente nel caso si debba procedere alla strategia per un prodotto nuovo o preesistente, oppure anche nel caso di un'intera linea o categoria, anche in questo caso nuova o preesistente.

Andiamo ad analizzare le opzioni della brand strategy:

  • Prodotto nuovo (brand-new strategy)
    Il marchio da promuovere è nuovo, mai apparso prima sul mercato.
    Questo lo pone in una posizione d'iniziale svantaggio, a prescindere dall'effetto novità e dal grado d'innovazione che potrebbe portare, poiché il mercato, nella stra-grande maggioranza dei casi, avrà già una grande quantità di prodotti similari.
    La strategia giusta in questo caso deve dare estrema importanza al lancio, ed in particolare all'eventuale prezzo promozionale ad esso associato: si deve scegliere tra penetrazione o selezione del mercato (quindi, prezzo più basso o più alto).
    Il lancio di un nuovo prodotto è considerato critico in ogni campagna promozionale, e pertanto è necessario che il marchio sia facilmente riconoscibile e quanto più possibile di facile memorizzazione tra i consumatori;
  • Estensione della linea (line extension)
    Il marchio è già conosciuto, ed ora è necessario introdurre nuovi prodotti alla linea, che quindi 'si estende'.
    È una strategia che può essere applicata a qualsiasi prodotto di successo che è parte di una linea, ed è utile non solo per introdurre nuovi beni o servizi, ma anche per rivitalizzare il marchio con le ultime novità che la gente ha richiesto.
    Un esempio famoso di una comune line extension è ogni nuovo modello di un dato brand di cosmesi, come ad esempio i rossetti Pupa o Kiko;
  • Estensione del marchio (brand extension)
    Il marchio è già conosciuto, e viene usato per estendere la commercializzazione ad altri prodotti di linee o tipologie settoriali differenti.
    In pratica, si usa la fama acquisita del marchio per andare a produrre tutt'altro genere di beni o servizi, cambiando quindi settore.
    Un esempio famoso di brand extension sono gli orologi od i gioielli prodotti da marche vestiarie famose, come Gucci, D&G, Valentino, oppure gli abiti prodotti dalla Ferrari;
  • Multi-marchio (multi-brand)
    Uno o più prodotti di una linea già famosa, che viene usata per introdurre sul mercato nuove offerte.
    Un ottimo esempio di multi-marchio di successo sono i popolari videogiochi dei Pokemon di Nintendo: ogni nuova uscita di un nuovo capitolo viene accompagnata da due versioni differenti, della stessa linea ma con due nomi diversi, benché condividano lo stesso marchio.
    Un altro ottimo esempio sono i gelati preconfezionati, sia Algida che Sammontana;
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La distribuzione della marca

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Dopo aver deciso cosa e come brandizzare un dato prodotto, l'azienda deve decidere come distribuirlo.

Si parla in questo caso di una vera e propria architettura distributiva, che serve ad organizzare la promozione di prodotti di aziende di grandezza differente, che possono produrre da un solo prodotto a centinaia di prodotti.

Le distribuzioni da scegliere sono:

  • Distribuzione unitaria (unitary brand)
    Distribuzione classica delle grandi compagnie multinazionali, presenta un branding unificato che può comprendere dozzine di altre sotto-categorie, a seconda dei prodotti che commercializza e dei settori che copre.
    Un tipico esempio di aziende che adoperano un unitary brand puro sono la Apple, la Sony, la Nike, ecc ecc.
    Sebbene queste compagnie presentino un'ampia varietà di prodotti in offerta, sono tutti distribuiti col loro marchio unificato, immediatamente riconoscibile;
  • Sotto-marchio (sub-branding)
    L'azienda offre i suoi prodotti con marchi specifici, sviluppati ad hoc e che sono però riconducibili al marchio unitario aziendale.
    È una tattica distributiva molto utile nel caso in cui l'impresa offre molti prodotti destinati a target differenti, oppure seleziona le sue linee produttive a seconda del mercato geografico.
    Un ottimo esempio di sub-branding è la Nestlé ed i suoi sub-brand Nestea, Nescafé e Nespresso;
  • Brand Endorsement
    Strategia distributiva molto simile al sub-branding, ma in questo caso il sotto-marchio è decisamente più forte ed indipendente, tanto da essere praticamente considerato un brand stand-alone.
    Il sotto-marchio endorsement è talmente forte presso i consumatori che, volendo, è possibile produrre anche una line extension usandolo.
    È un'opzione perfetta per commercializzare prodotti di punta di un'azienda, importanti a tal punto da esserne quasi il core-business.
    Ne sono ottimi esempi la Nutella della Ferrero o la linea Mulino Bianco della Barilla;
  • Distribuzione autonoma (house of brands)
    L'azienda distribuisce i prodotti omettendo totalmente - o quasi - il proprio marchio industriale, dando importanza totale a quello commerciale.
    Il consumatore di solito ignora il marchio industriale e conosce solo quello commerciale del prodotto o della linea, che quindi ha la responsabilità piena della reputazione di tutta l'azienda.
    È la strategia perfetta per commercializzare prodotti di ampio consumo in competizione non solo con i diretti concorrenti, ma anche tra di loro.
    Con la distribuzione autonoma l'azienda può allargare a dismisura la propria penetrazione nel mercato, differenziando l'offerta e, anche con piccole modifiche, attrarre un grande numero di consumatori, anche di target differente.
    Il rischio più grosso è quello di arrivare alla cannibalizzazione, ovvero alla distruzione di una linea a scapito di un'altra.
    Le aziende che, storicamente, hanno puntato tutto sulla house of brands sono la Procter&Gamble (Pantene, Dash, Olaz, Gilette, Braun, Eukanuba, Pringles, Oral B e tanti altri) e la Unilever (Algida, Svelto, Coccolino, BioPresto, Lisoform, Knorr, Lipton, Cif)
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La gestione del brand

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Una marca od un marchio ad essa associato non sono elementi statici, imperituri e immutabili: sono, come si dice in gergo, 'coerenti con il mercato', ovverosia mutano e cambiano a seconda delle preferenze e dei gusti dei consumatori.

Sebbene idealmente ogni marchio sia concepito per rappresentare determinati valori e qualità concettualmente ed ideologicamente stabili (esempio: affidabilità, sicurezza, garanzia di bontà, ecc ecc.), è necessario intenderlo come un elemento più che mai vivo, che necessita sempre di controlli, di promozione, di ritocchi e rinnovamenti, se necessario.

Qualsiasi azione della mercatologia che vada ad influenzare il marchio aziendale è considerata un'operazione gestionale di prima importanza poiché, per sua stessa concezione, il marchio è la compagnia stessa (od alternativamente, il suo prodotto).

Gli elementi di controllo del brand management sono:

  • Identità (brand identity)
    Ciò che il marchio è e comunica della marca al quale è associato, che di rimando è la proiezione di quello che l'azienda stessa vuole comunicare al mercato;
  • Consapevolezza (brand awareness)
    La conoscenza del marchio nel mercato, veicolata da tutte le attività specifiche che ne permettono la comunicazione;
  • Immagine (brand image)
    La percezione del marchio nel mercato, ovverosia come la gente lo considera. Può anche essere una percezione differente rispetto a quella che l'azienda voleva inizialmente comunicare;
  • Posizionamento (brand positioning)
    Come il marchio è posizionato rispetto alla concorrenza. Un brand è considerato 'forte' quando, da solo, riesce a competere con altri suoi pari, oppure addirittura a dare la misura di un intero settore (esempio: la famosa Tachipirina della Angelini, usata genericamente per indicare i lenitivi al paracetamolo);
  • Fedeltà (brand loyalty)
    Come il nome suggerisce, è la fidelizzazione dei consumatori al marchio, ossia la loro capacità di acquistare i prodotti sempre della stessa marca, anche con offerte di altre marche similari e più convenienti;
  • Valore (brand equity)
    Quanto vale il marchio sul mercato, sia a livello industriale che commerciale, compresa la sua bruta capacità di portare fatturato all'azienda.
    Più è alto il valore e più l'azienda è legittimata ad alzare il prezzo di vendita del prodotto
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I brand del lusso

Il branding aziendale

Si considerano marche di lusso tutte quelle aziende che vedono i loro prodotti principali marchiati con brand che oscillano entro certi standard, specialmente per quanto riguardano i parametri del loro equity, identity ed image.

I fondamenti principali che identificano un prodotto come 'lussuoso' sono dati principalmente da tre fattori, entrambi di cui due di mercato ed uno di produzione:

  • Valore intrinseco
    È il valore materiale del prodotto, ossia il suo mero costo di produzione.
    Comprende tutte le materie prime o i semilavorati di cui è fatto, ed è comprensivo anche del costo umano o meccanico che è stato speso per produrlo.
    Il valore intrinseco è quindi incomprimibile oltre un certo livello, poiché qualsiasi prodotto (bene o servizio) ha dei costi minimi obbligatori, sotto i quali non è possibile produrre.
    Per rimanere competitive sul mercato, le aziende tentano incessantemente di ridurre questo livello, abbassando il più possibile il costo delle materie prime oppure delle risorse umane;
  • Valore nominale
    È il valore di facciata del prodotto, ossia a quanto il prodotto è proposto nominalmente sul mercato. Può non coincidere con il valore effettivo di vendita;
  • Valore reale
    È il valore di mercato, ovverosia quanto il consumatore è disposto a pagare per comperare un tale prodotto.
    In un regime di libera concorrenza, è regolato dalla legge della domanda e dell'offerta, ed il ammontare può essere superiore od inferiore al valore nominale.
    Per la sussistenza dell'azienda, è imperativo che tale valore sia superiore al valore intrinseco

La marca del lusso: valore intrinseco e valore reale

Il mercato del lusso, a differenza del mercato non di lusso, vede una sproporzione considerevole tra il valore intrinseco e quello reale, a favore di quest'ultimo.

Ne consegue che il livello di equity dei marchi lussuosi è molto alto, così come il livello di image.

Il prezzo finale di un prodotto di lusso è calcolato differentemente dagli altri prodotti non di lusso: a prescindere dalla tipologia del prezzo scelto (criterio del profitto, criterio del profitto massimo, criterio delle vendite massime, ecc ecc.) la cifra spuria viene moltiplicata per un determinato coefficiente, che è calcolato secondo i livelli di brand equity, di brand image e di brand positioning.

Tale coefficiente cambia da azienda ad azienda, da linea a linea, da prodotto a prodotto e persino da paese a paese, in quanto non tutte le aree geografiche hanno lo stesso potenziale di spesa medio.

Questa moltiplicazione necessaria causa la produzione di un prezzo premium, ossia un prezzo finale alto, molto più elevato rispetto a prodotti concorrenti non di lusso.

Questo è il motivo per cui i beni di lusso costano, a paragone di altri prodotti o sercizi similari, enormemente di più.

Il prezzo finale è comunque deciso dal mercato, e di conseguenza dalla forza del brand aziendale: se il valore del brand image rimane alto tra i consumatori e l'identity è forte, l'equity potrà rimanere ad elevanti livelli, permettendo quindi un valore nominale elevato del prodotto.

Il valore nominale deve comunque essere sempre convertito in valore reale anche per i beni di lusso, rientrando quindi nelle canoniche strategie mercatologiche come qualsiasi altro bene.

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La difesa del brand

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Il posizionamento (positioning) del marchio è considerato una vera e propria guerra commerciale, e come tale va combattuta strenuamente, con tutte le risorse aziendali possibili... E a volte, anche con quelle impossibili.

Un buon posizionamento del brand aumenta la percezione della qualità aziendale, facendo quindi aumentare contestualmente l'appeal dei prodotti ed il loro conseguente piazzamento nel mercato.

Come ogni altra variabile di mercato però, il brand deve essere visto come un'insieme coerente di elementi che oscillano costantemente, e quindi il suo valore deve essere perennemente rafforzato e difeso per impedire oscillazioni troppo distanti dagli obiettivi del marketing.

Ci sono molti modi per difendere l'immagine ed il posizionamento del proprio marchio, e non di meno esistono molte strategie che possono essere applicate per conseguire i risultati voluti: ogni tattica deve essere ben discussa con il marketing manager, perché ogni cambiamento al marchio è un atto considerato estremamente incisivo sui consumatori, che sono soliti associare visiviamente un dato logo o logotipo ad una data marca.

Progettare nuovi marchi (sia logotipi che loghi) è un compito che viene eseguito da un team di più professionisti: si parte dal creativo puro (spesso, un copywriter) per la struttura generale di concetto e si passa per il visual designer, che provvederà a costruire visualmente il marchio.

Nelle grandi realtà, la cura del marchio è affidata ad un manager specializzato, spesso facente parte della sezione del marketing interno e con forti conoscenze del mercato del branding.

A prescindere dalla strategia e la distribuzione della marca, la difesa del brand deve essere considerata prioritaria per tutta la durata di vita sia del prodotto che della marca aziendale.

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Cinque buoni consigli per difendere e rafforzare il tuo marchio

Il branding aziendale
  1. Cura la tua immagine aziendale
    La tua azienda deve sempre proiettare un'immagine vincente sul mercato, per cui destina adeguate risorse di uomini, tempo e denaro alla cura generale dell'identity aziendale.
    Il prodotto che vendi è di primaria importanza, ma ricorda che la sua reputazione è legata a doppio filo con il tuo nome aziendale: marca e marchio devono dare un'immagine coerente al consumatore, per cui assicurati che siano entrambi curati;
  2. Cura il tuo prodotto
    Quello che vendi è il tuo core-business, non dimenticarlo mai.
    Ricordati che è proprio grazie al tuo prodotto che il tuo marchio può sussistere, e sua qualità è quello che la gente, in ultima analisi, paga.
    Non è possibile difendere o rafforzare oltre certi limiti prodotti di scarsa qualità: nessuna leva del marketing può farlo, ed il fallimento ed il ritiro dal mercato è la fine inevitabile di tutti i prodotti scadenti.
    Non puoi avvolgere in un marchio dorato ciò che è fondamentalmente marcio, quindi cura sempre la qualità del tuo prodotto, e miglioralo sempre tutte le volte che puoi.
    Nulla si vende da solo, ma prodotti di qualità si vendono molto meglio, e fanno rimanere soddisfatti i consumatori, aumentando quindi la lovaly, l'image e l'equity del tuo marchio;
  3. Rinnova ed espandi la tua prima linea ogni volta che puoi
    Se il tuo prodotto fa parte di una linea, cerca sempre nuove strade di sviluppo.
    Non accontentarti mai delle posizioni raggiunte sul mercato, per quanto esse siano buone o soddisfacenti ora, potrebbero non esserlo più in futuro.
    Compatibilmente con il tuo piano aziendale, investi risorse nel tuo reparto ricerca e sviluppo per eseguire line expansion periodiche, e rinnova o ritira invece i prodotti arrivati alla maturazione e saturazione.
    Puoi vendere senza problemi lo stesso prodotto per decenni se risulta valido ed utile ai consumatori, ma quando ti vengono buone idee per espanderlo o rinnovarlo, fallo;
  4. Cura tutti i servizi associati alla vendita dei tuoi prodotti
    Non pensare mai che il rapporto col tuo cliente si esaurisce al pagamento del prezzo per l'acquisto del tuo prodotto: in molti casi, il brand management comincia esattamente da quel punto.
    Fornisci tutta l'assistenza (legale e commerciale) che puoi e devi dare dopo l'acquisto, ed assicurati sempre che i tuoi clienti abbiano un buon ricordo del tuo operato aziendale, sia che tu gli stia vendendo un bene oppure un servizio.
    Cerca sempre di aumentare il brand loyalty con la brand awareness, e fallo nel migliore dei modi possibili: il cliente deve associare il tuo marchio alla serietà, alla professionalità e ad un senso di sicurezza non solo per l'acquisto appena fatto, ma anche per quelli futuri;
  5. Rinnova il tuo marchio quando è il momento
    Sai perché, ogni tanto, gli esseri umani cambiano look, vestiario, taglio di capelli oppure giro d'amici o conoscenze?
    Perché il cambiamento è necessario per ripristinare una sensazione di novità, sia interiore che esteriore, ovverosia proiettata in noi stessi oppure verso i nostri simili.
    L'essere umano è ancestralmente portato per il mutamento, ed è un organismo incredibilmente duttile, sopravvissuto e divenuto la razza dominante anche per via di un'inusitata attitudine ad adattarsi meglio e prima all'ambiente circostante.
    Cambiare dona più possibilità, allarga orizzonti e permette nuove esperienze, per adattarsi ed aumentare la probabilità di sopravvivenza: è per questo che la gente cambia, per non estinguersi.
    Il tuo marchio è un elemento vivo, che esiste in un mercato altrettanto vivo: come il tuo taglio di capelli od il tuo guardaroba, anche il tuo logo o logotipo ogni tanto ha bisogno di una rinnovata.
    Perché i tempi cambiano, ed il tuo marchio deve sempre essere al loro passo.
    Il rinnovamento visivo del marchio è chiamato re-branding, ed è una pratica abbastanza comune per rinfrescare sia il marchio stesso che tutta la linea che rappresenta.
    Il re-branding può essere fatto sia su marchi industriali che commerciali, ed è considerato un punto critico dopo ogni tot di ciclo di vita di un prodotto, od anche di un'azienda.
    Quando gli indicatori della tua sezione marketing ti suggeriscono che è arrivato il tempo di un re-branding, non indugiare e fallo.

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