Tiziano Vecellio e l'odore del rosso
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Tiziano Vecellio nacque a Pieve di Cadore tra il 1473 ed il 1490 (l'esatta data è incerta e fonte di corposo dibattito da secoli), nell'odierna provincia di Belluno che, all'epoca, era parte della potente Repubblica di Venezia.
Erede dell'influente ed agiata famiglia dei Vecellio, il papà Gregorio era un capitano dell'esercito veneziano, mentre la mamma, Lucia, era una semplice ragazza di Cortina d'Ampezzo, di umili origini ma particolarmente avvenente, tanto da conquistarsi i favori del giovane Gregorio e farsi poi sposare (cosa inusuale ai tempi, tra persone di così differente ceto sociale).
La fortuna di Lucia non durò comunque a lungo, visto che morì ancora molto giovane quando Tiziano era ancora bambino e, assieme al maggiore dei suoi quattro fratelli, venne mandato a Venezia ospite del suo zio Antonio, funzionario pubblico.
Tiziano dimostrò subito una grande predisposizione per l'arte e per il disegno, tanto che suo zio, abbastanza aperto mentalmente ed avendo intuito le potenzialità del bambino, lo mandò a bottega da Gentile Bellini, il pittore ufficiale della Serenissima.
"Jacopo Pesaro presentato a san Pietro da papa Alessandro VI"
(1503–1506 circa), Anversa, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten
Tiziano dunque imparò a mescolar colori ed a stenderli efficacemente sulla tela dal Bellini e, alla morte di quest'ultimo, passò a collaborare con suo fratello Giovanni, anch'esso pittore e succeduto al congiunto come artista ufficiale della Repubblica.
Il periodo di fine '400 è, per Venezia, entusiasmante: la Serenissima era lo stato più prospero d'Europa, militarmente ben difeso, culturalmente all'avanguardia e dalla società sempre più raffinata.
La famosa 'Via delle Indie' aveva ridimensionato il commercio prettamente marittimo, ma i veneziani non si erano adagiati sugli allori ed avevano anzi espanso i loro domini terrestri, arrivando fino a Bergamo con spregiudicate campagne d'Italia, ed avevano investito moltissimo su agricoltura, edilizia e, in generale, sulla produzione terrestre piuttosto che il commercio via mare.
Il tempo era decisamente florido: l'impero veneziano non aveva problemi né di provvigioni e né di manodopera qualificata, e la grande specializzazione dei mestieri permetteva l'esistenza di botteghe e cantieri molto organizzati, in grado di supperire a pressoché qualsiasi bisogno commerciale.
"Concerto campestre"
(1509), Parigi, Museo del Louvre
Di questo periodo roseo Tiziano si avvantaggerà nella maniera più elegante e profittevole: tutta la sua arte, difatti, altro non sarà che un tripudio di prosperità , abbondanza ed armonia, e contribuirà in maniera sostanziale a quella grande fase d'espansione sociale, economica ed artistica che fu il Rinascimento italiano.
Fondamentale per il giovane Tiziano sarà l'incontro e la collaborazione con Giorgio da Castelfranco, meglio conosciuto come Giorgione: secondo il Vasari quello di Tiziano fu un vero e proprio alunnato presso il suo contemporaneo collega, ma le notizie su questo sono abbastanza confuse.
Certo è che dal Giorgione, Tiziano prese
indubbiamente la considerazione filosofico-concettuale della pittura: non un'arte per rappresentare meramente il reale, ma l'arte sublime che fa da ponte con tutte le altre arti (compresa la musica), in una sorta di rapporto armonico.
Qui giace l'Aretin, poeta Tosco. Che d'ognun disse mal, fuorché di Cristo, scusandosi col dir: "Non lo conosco".
La collaborazione artistica col Giorgione è evidente nei primi ritratti su commissione eseguiti da Tiziano: "Ariosto" e la "Schiavona" sono dipinti talmente similari allo stile del suo contemporaneo da aver tratto in inganno anche il Vasari, che ammise di aver avuto una certa difficoltà a distinguere i due artisti.
Le prime opere autonome di Tiziano ci pervengono a partire dal 1511, e sono opere pubbliche: l'affrescatura del Fondaco dei Tedeschi, a noi pervenuta purtroppo solo con pochi resti, va comunque capire che l'artista stava entrando nel 'mercato che contava' dell'epoca.
"San Marco in trono" è una delle prime pale dipinta per la chiesa di Santo Spirito in Isola: in quest'opera si comincia chiaramente a percepire l'ottimo uso del colore brillante e della luce limpida, con una predilezione smaccata per le tinte rosse, gialle, blu e verde acceso.
"La Schiavona"
(1510), Londra, National Gallery
Per sfuggire alla grande pestilenza del 1511, che stava decimando la Serenissima, Tiziano ripiegò verso Padova, dove ricevette il prestigioso incarico d'affrescare la dependance della Scuola del Santo, adiacente alla famosa basilica di Sant'Antonio di Padova.
Incredibilmente, per questa commissione ci sono pervenuti i tempi ed i costi esatti: il contratto iniziale fu stipulato addirittura alla fine del 1510, mentre l'opera fu iniziata (con un corposo acconto) nell'aprile 1511, e fu consegnata finita il 2 dicembre dello stesso anno.
Un'esecuzione decisamente veloce, anche considerando la grandezza fisica del lavoro: ciò fa supporre che Tiziano fosse già ben avviato nella scelta delle maestranze e dei suoi collaboratori, caratteristica che si ritroverà sempre nella sua futura, grande bottega.
I tre episodi della vita di Sant'Antonio ritratti da Tiziano sono il "Miracolo del neonato", il "Miracolo del piede risanato" e il "Miracolo del marito geloso".
"San Marco in trono"
(1510), Venezia, Basilica di Santa Maria della Salute
Anche qui, l'artista mischia mito religioso a fatti politici: i personaggi sono immersi in paesaggi vivi e vividi, e si comincia ad intravedere anche una certa opulenza e ricchezza, sia nelle decorazioni degli abiti e sia nella fisicità dei protagonisti, cosa che diventerà un marchio di fabbrica dell'artista veneto.
Dopo la commissione alla basilica, per l'arte di Tiziano conincerà un periodo di grande splendore: ormai lanciatissimo sul mercato, il suo uso decisamente spregiudicato del colore e la maestosità delle sue figure avevano incantato tutto il Veneto, e per l'artista fu dunque possibile surclassare l'agguerrita concorrenza (gente del calibro di Sebastiano del Piombo e Lorenzo Lotto), aprendo un grande atelier che diventerà a breve il più richiesto in Europa.
"Miracolo del marito geloso"
(1511), Padova, Scuola del Santo
Le commissioni private del periodo rappresentano un enorme introito economico, utile a Tiziano per lanciare la sua bottega in grande stile: "Violante", i soggetti del mito greco "Nascita di Adone", "Favola di Polidoro", "Orfeo ed Euridice", le opere religiose "Noli me tangere" e le allegorie come "Tre età dell'uomo" dimostrano un pittore ormai maturo e pronto per il grande salto sia di qualità che d'importanza sociale, che s'è scrollato definitivamente dalle spalle la figura dell'amico-maestro Gorgione.
L'immagine della donna è, per Tiziano, fondamentale: opere come "Salomè con la testa del Battista", "Donna allo specchio" e "Flora" ci consegnano un'immagine femminile sensuale, raffinata eppur provocante, dipinta nello sfarzo dei colori brillanti e dalle forme sinuose, piene e traboccanti benessere e salute.
La morte di Giovanni Bellini nel 1516 aprì a Tiziano il prestigioso incarico di pittore ufficiale della Serenissima: è la svolta sia sociale che economica per l'artista, che da quell'anno in poi potè godere di ben cento ducati annui (una cifra enorme per l'epoca), oltre che all'esenzione del pagamento delle tasse.
"Violante"
(1515 circa), Vienna, Kunsthistorisches Museum
Tiziano si dimostrò non solo artista magno, ma anche intelligente uomo d'affari: investì difatti molti dei suoi proventi in attività collaterali a quella di pittore, come ad esempio il commercio dei legnami.
La fama del suo studio e delle sue opere, altresì, gli garantivano una costante richiesta di lavoro, con privati e nobili di tutta Europa a contendersi a suon di denari le sue opere.
Ciò permise a Tiziano di mettere su uno studio che sembrava quasi il prototipo di un'industria moderna: i suoi collaboratori erano estremamente specializzati, e la produzione era incessante, sia per le commissioni che per (cosa rara all'epoca) la volontà di Tiziano di realizzare opere d'ispirazione personale.
Del resto, la potenza economica e la fama ormai raggiunta, uniti ad una vera e propria azienda, potevano permettere al grande pittore veneto di levarsi più di un capriccio dalla testa.
Gli anni della completa maturità vedono la produzione di opere del calibro de la "Assunta", gigantesca e celeberrima pala per la Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, consegnata nel 1518 e celebrativa dei vittoriosi accordi della Serenissima nel trattato di Noyon, in cui Venezia riacquistava importanti territori perduti nel 1509.
"Amor Sacro e Amor Profano"
(1514), Roma, Galleria Borghese
Con la "Assunta", Tiziano si pose in una sorta di competizione a distanza con gli altri giganti del Rinascimento Michelangelo e Raffaello, facendo definitivamenrte entrare Venezia nel pieno del grandissimo rinnovamento artistico, sociale ed economico del periodo.
I colori usati in maniera così spregiudicata che non son solo campitura dell'opera, ma che danno essi stessi forma al quadro visivo, rapprsentandone l'essenza e la sostanza come mai visto in passato nella pittura veneta, collocano il dipinto in una situazione di perfetto equilibrio con le innovazioni portate dall'umanesimo esasperato di Michelangelo e la raffinata metafisica di Raffaello.
"Assunta"
(1518), Venezia, basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari
Il movimento armonico, eppure così dirompente e vibrante nell'esasperazione dei gesti, delle espressioni dei personaggi sotto la Vergine e l'asimmetrica posizione del Divino in alto dividono l'opera in due perfette metà , incredibilmente bilanciate.
Lo sfarzo cromatico, ormai segno imprescindibile dell'opera di Tiziano, raggiunge il massimo picco con la "Pala Pesaro", databile attorno al 1519-1526.
Tiziano è ormai maestro completo della brillantezza e della vivacità cromatica, e le tinte di puro colore sono ormai preferite del tutto alle sfumature e le velature, dando una sensazione di matericità che rimarrà unica per molti secoli.
"Ritratto di Carlo V a cavallo"
(1548), Olio su tela, 332 x 279, Madrid, Museo del Prado
La fama di Tiziano cozzava con la sua reticenza a lasciare Venezia: al contrario di quasi tutti gli artisti dell'epoca, che ben volentieri si muovevano a Roma o a Firenze per prendere commende, Tiziano era abbastanza ricco e potente da permettersi di rifiutare gli inviti, fossero anche quelli del Papa in persona.
I pochi posti dove decise di andare per un breve periodo, più per sfizio personale ed amicizia con le famiglie locali che per vera necessità , furono Ferrara e Mantova.
Per Alfonso d'Este, duca di Ferrara, dipinse "Festa degli amorini" il "Bacco e Arianna" e il "Baccanale degli Andrii", tutti per lo studiolo personale del duca.
Alla corte dei Gonzaga, che letteralmente riempirono d'oro Tiziano pur di assicurarsi qualcuna delle sue opere, l'artista dipinse "L'Uomo dal guanto", il "Ritratto di Federico II Gonzaga", ed il dipinto religioso della "Madonna del Coniglio".
"Venere di Urbino"
(1538), Olio su tavola, 119 x 165, Firenze, Galleria degli Uffizi
Nel 1523, in un mondo occidentale cristiano abbastanza frastornato dalla caduta di Costantinopoli e il sacco di Roma, il nuovo doge Andrea Gritti decise di far divenire Venezia la nuova 'Urbe' della cristianità con l'ambizioso progetto "Renovatio urbis Venetiarum".
A tale pianificazione parteciparono ben volentieri Tiziano, Pietro Aretino e Jacopo Sansovino: la collaborazione tra i tre artisti non fu solamente lavorativa, ma anche umana.
Divenuti amici fraterni, i tre diedero vita al periodo più artisticamente florido della Serenissima, riprogettandone le basi non solo squisitamente urbanistiche, ma anche sociali.
Particolamente nota ed importante fu l'amicizia con l'Aretino, che diventò a tutti gli effetti il manager e promotore principale dell'attività del suo amico pittore.
Dalla parlantina sciolta e dalla penna fin troppo pungente, il poeta toscano spinse al massimo la fama e la notorietà di Tiziano - che già peraltro non erano in discussione - arrivando ad apostrofare platealmente e accanitamente i suoi detrattori.
Questa sorta di promozione continua ed imperitura contribuì a stabilire un monopolio pressoché totale dell'opera di Tiziano in tutto il territorio della Serenissima.
"Danae"
(1545), Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte
Nel 1525, in età abbastanza attempata per l'epoca, Tiziano decise di convolare a nozze con Cecilia Soldani, una ragazza di modeste origini di Feltre, che era già in relazione con lui e che già gli aveva dato due figlioli, Orazio e Pomponio.
Il matrimonio durò fino al 1530, quando Cecilia morì durante il parto di Lavinia, la terza genita.
Tiziano fu estremamente provato dal lutto, e passò un lungo periodo di isolamento, smettendo persino di lavorare e gestire la sua attività .
Il dolore per la morte della giovane non finì mai, ed il pittore non si risposò più, decidendo piuttosto di accudire i propri figlioli.
Nel 1529, grazie anche ai buoni uffici dell'Aretino, Tiziano riuscì ad incontrare nientemeno che "l'Imperatorissimo" Carlo V d'Asburgo, divenuto Re di Spagna, Re di Napoli, Re della Sardegna e Re della Sicilia.
L'incontro darà il via ad una relazione privilegiata con la potentissima Spagna, che durerà ben quarantacinque anni e permetterà la creazione di opere del calibro di: "Ritratto di Carlo V con il cane", "Ritratto di Isabella del Portogallo" ed il famossisismo "Ritratto di Carlo V a cavallo", uno dei dipinti più importanti non solo del periodo, ma di tutta la storia dell'arte e nello specifico della pittura barocca.
Tutti gli anni '30 del 1500 saranno, per Tiziano, carichi di lavoro: anche con il suo studio efficacemente organizzato, il pittore veneto faticava a rispettare i tempi di consegna, attirandosi anche le lamentele del senato veneziano.
"Ritratto di Paolo III con i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese"
(1546), Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte
Nel 1545 Tiziano compì un viaggio nell'Italia centrale, che culminò con la visita della Roma di Papa Paolo III Farnese e, ovviamente, del potente Alessandro Farnese.
Alla corte dei Farnese, Tiziano incontrò Michelangelo, ormai anche lui ricco e famoso, che aveva appena finito d'affrescare il "Giudizio Universale".
L'incontro tra i due giganti del periodo non fu particolarmente cortese: Michelangelo, visionando l'opera "Danae" del Tiziano, ne esaltò il bello stacco cromatico, ma non parve apprezzare il disegno, arrivando a rammaricarsi del fatto che a Venezia non s'imparassero le basi della costruzione della figura.
La contrapposzione delle due scuole, quella toscana che dava massima importanza alla composizione del disegno figurato, e quella invece veneta, che predilegeva l'importanza cromatica, fu una lunga disputa non solo italiana ma europea per secoli, che vede ancora critici e storici prendere parte per l'una o l'altra fazione.
Per i Farnese, Tiziano dipinse oltre che a "Danae" anche il "Ritratto di Paolo III", il "Ritratto di Ranuccio Farnese" ed il "Ritratto di Paolo III con i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese".
Di ritorno a Venezia nel 1548, Tiziano non potè ignorare un decisivo cambiamento nell'aria dell'epoca: il giovane Jacopo Robusti, meglio conosciuto come il Tintoretto, aveva cominciato a stupire le committenze pubbliche con il "Miracolo di san Marco", mentre il Veronese iniziava a farsi apprezzare principalmente dai privati.
Tiziano dunque decise di concentrarsi sulle commende spagnole di Carlo V e suo figlio Filippo, e comincerà il periodo finale della sua vita cambiando quasi totalmente stile.
"Venere e Adone"
(1553 ca), olio su tela, 186 x 207 cm, Madrid, Museo del Prado
Gli ultimi anni della vita di Tiziano non sono tristi e scarsi di lavoro, come quasi sempre accadeva con i grandi pittori del tempo (ed anche dei giorni nostri): la sua fama, benché in calo, era comunque sempre altissima, e le commende per i dipinti - soprattutto dalla Spagna - non mancavao mai.
In aggiunta, gli azzeccati investimenti economici fatti negli anni d'oro garantivano a Tiziano una rendita altissima, con un patrimonio stimato di migliaia di ducati, oltre a proprietà immobiliari sparse un po' ovunque per il territorio della Serenissima.
Il pittore comunque rimase attivo nel suo studio sino alla fine: le ultime opere come "Mater Dolorosa", la "Deposizione del Sepolcro" e il "Martirio di San Lorenzo" dimostrano un Tiziano molto cambiato nello stile e nella stesura dei colori.
Il tratto ora è frastagliato, il colore dato ad ampissime pennellate, grumoso, quasi iper-materico: lo stile è spesso nervoso, i contorni delle figure tendono ad essere incostanti, spesso solo abbozzati da passate di pennello frenetiche.
"Mater Dolorosa"
(1554), Museo del Prado, Madrid
Nel luglio del 1576, la terribile nuova ondata di peste uccise Orazio, il prediletto figlio di Tiziano.
Dopo un mese, esattamente il 27 agosto, anche il grande pittore veneto s'arrese al fato comune, con l'anziano fisico stremato dal batterio Yersinia pestis, portato dalle pulci dei topi.
Alla sua morte, avvenuta a ben 95 anni, Tiziano era il pittore più ricco non solo del suo tempo, ma tra i più ricchi della storia.
Ironia della sorte, al suo stolto figlio Pomponio basteranno soli cinque anni per dilapidare tutto il patrimonio messo su da uno dei più grandi artisti dell'umanità .
Tiziano Vecellio: l'inarrivabile supremazia del colore
Tiziano Vecellio fu senza dubbio uno dei giganti di quel periodo estremamente proficuo e di profondo rinnovamento che è divenuto famoso col nome di Rinascimento.
La sua pittura, dirompente per i canoni locali del territorio dove ha quasi sempre vissuto (il Veneto), ha ben presto superato i confini geografici ed è divenuta, già da quando l'artista era in vita, uno dei punti di riferimento della corrente artistica del periodo.
Periodo comunque superato poi non solo fisicamente, ma anche concettualmente: Tiziano è infatti un perfetto esempio di artista a cavallo tra due epoche, entrambe importanti come il Rinascimento ed il Barocco.
Il tripudio di gioia, di colore, di fasto e di opulenza delle opere del Vecellio è solo in parte specchio del suo ricco tempo: è fondamentalmente un'armonia mirabile tra godimento terreno e piacere spirituale, in un complesso ma al contempo sciolto sistema di rappresentazione della parte migliore dell'esistenza umana, che può definirsi appagata solo quando è veramente persa nella magnificenza.
Una magnificenza non necessariamente divina, però.
Tiziano giocherà gran parte della sua formazione artistica sulla sua personale concezione d'arte, e diventerà uno dei primi pittori veramente famosi ad imporre un suo particolare modo d'esprimersi anche verso facoltose committenze, non piegandosi mai a richieste che non erano attinenti con la sua predisposizione.
La matericità dei colori usati, specie nell'ultimo periodo, il grande bilanciamento cromatico sempre presente in ogni sua opera, e la capacità di rinnovarsi quasi sempre, fino alla fine della sua vita terrena, fanno di Tiziano uno dei pittori più affascinanti ed importanti non solo del suo tempo, ma di tutta la storia dell'arte.
Il 'rosso Tiziano'
Tiziano Vecellio non è solo ricordato per essere stato uno dei più grandi artisti della storia dell'umanità , ma anche per aver dato anche il nome ad una particolare tintura di capelli, tutt'ora in voga presso molte donne e giovani ragazze: il famoso 'rosso Tiziano'.
Perché è chiamato proprio così?
Va chiarito che, già in epoca romana, le donne latine usavano tingersi i capelli, nonché effettuare una sorta di rudimentale 'messa in piega', rendendo i capelli con i boccoli arrotolandoli su ferri roventi.
Su intuizione greca, le donne scurivano i capelli grigi con sego e cenere (il sapo, da cui proviene la parola sapone) oppure usavano un composto di cenere di betulla, tuorli d’uovo e fiori di camomilla, quest'ultimi utili soprattutto per ottenere le sfumature chiare sui capelli castani.
I capelli neri si rinvigorivano con miscele a base di antimonio misto a grasso e cenere, ed era la colorazione più facile da applicare, in quanto molto coprente.
Il colore più ricercato era quello biondo, o meglio, quello con riflessi dorati: in realtà la scarsa efficacia dei mordenti usati rendeva difficile ottenere chiome dal colore uniforme e ben riflessato.
Anche nel Rinascimento, la voglia delle donne di colorare i capelli non diminuì: a Venezia fiorì un grosso mercato di tinture per capelli, e gli speziali (i farmacisti dell'epoca) riuscirono ad ottenere buone miscele con discreto effetto mordente, con cui colorare differenti tonalità di biondo.
Per ottenere ottimi effetti dorati, si usavano miscele di fiori di lupino con salnitro, zafferano ed altre sostanze, facendo poi asciugare i capelli al sole, e stando ben attenti a coprire tutto il resto del corpo per non abbronzare la delicata pelle bianca (al tempo, segno di bellezza e di sensualità ).
I capelli rossi, decisamente rari nelle popolazioni italiche, erano visti come una sorprendente eccentricità : ricordavano la famosa Lesbo, amante di Catullo, passata alla storia come simbolo di raffinatezza.
Per ottenere tale colorazione, venivano polverizzazione le foglie della pianta Lawsonia inermis, meglio conosciuta come hennè.
Se si era veramente ricchi, si poteva aggiungere al composto anche la famosa porpora, ottenuta dalla triturazione dei muricidi.
"Maddalena penitente"
(1533) Firenze, Galleria Palatina
Tiziano Vecellio era specializzato nel riprodurre nei suoi quadri suggestive colorazioni brillanti e un'ampia gamma tonale, in cui il colore rosso era sempre preponderante.
Per Tiziano, il colore rosso rappresentava la bellezza e l'eleganza femminile, oltreché ritenuto tonalità uniformante per ottenere armonici riflessi di luce.
Tutte le opere di Tiziano, grazie alla preponderanza di pigmento rosso, hanno un'atmosfera particolarmente calda e sensuale: anche le donne da lui raffigurante, sempre con la pelle bianchissima e con capelli biondo-ramati, erano molto ammirate per la loro sensualità , raffinatezza e femminilità .
Inizialmente famoso nei territori della Repubblica di Venezia, il colore rosso s'espanse poi in tutta Italia, divendendo comune in ogni parte della penisola.
Dunque, il famoso 'rosso Tiziano', altro non è che una tintura di capelli rossa, sapientemente applicata in modo da formare riflessi biondi e ramati.
Un colore molto in voga anche ai giorni nostri.