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Il prezzo predatorio

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Quante volte ti è successo di passare davanti alla vetrina di quel negozio in centro, dal quale ti sei tenuto sempre accuratamente lontano per via degli altissimi prezzi, per accorgerti con vivo stupore che c’è un’incredibile promozione speciale, davvero irripetibile?

Vendono quel bel divano rosso vermiglio a 1/3 del prezzo di listino, e l’offerta sta proprio per scadere, quindi perché non approfittarne?

Se questo messaggio pubblicitario ti è familiare, e contestualmente anche molto sospetto, sappi che non è altro che una strategia di marketing, chiamata ‘prezzo predatorio’.

Come il nome suggerisce, il prezzo che vedi in promozione non è altro che uno… Specchietto per le classiche allodole, che nasconde dietro ben altri intenti.

Se vuoi scoprire tutto sulla tattica del prezzo predatorio, continua pure a leggere quest’articolo!

Con la strategia del prezzo predatorio un’impresa monopolista mira a rimanere monopolista, accettando di subire una certa perdita pur di stroncare la concorrenza.

Cos’è il prezzo predatorio?

Il ‘prezzo predatorio’ è una strategia di marketing che un’impresa applica in particolari situazioni, il più delle volte quando è minacciata dall’attacco di un’altra impresa, sua diretta concorrente, nel mercato.

Essenziale per la riuscita della strategia è che l’impresa che tenta di affacciarsi sul mercato non sia, grossomodo, equivalente per forza di produzione, sostanza economica e know-how tecnico all’impresa che, invece, si sente minacciata e deve difendersi.

Tale diseguaglianza è chiamata asimmetria, e la strategia del prezzo predatorio impone che essa ci sia, e sia tangibile: la sua mancanza, ovverosia la situazione in cui due imprese sono simili per numeri e per proporzioni da risultare simmetriche, non permette l’adozione del prezzo predatorio, che non sarebbe credibile.

In parole più semplici: il prezzo predatorio è applicato quando una grossa impresa spesso monopolista vuole stroncare sul nascere l’entrata nel mercato di imprese più piccole, ma potenzialmente pericolose.

Con il prezzo predatorio, l’impresa che deve difendersi dall’attacco della nuova concorrenza abbassa rapidamente e consistentemente il costo di alcuni suoi prodotti, ben più che in una normale vendita promozionale.

A volte, i ribassi sono così esagerati da finire al di sotto del guadagno, rendendo (apparentemente) la vendita in pura perdita: il prezzo finale cioè non riesce a compensare i costi marginali di produzione, non generando utili ma essendo quindi solo un costo vivo per l’azienda.

Considerando che la regola generale dell’economia aziendale impone sempre e comunque il guadagno, apparentemente la strategia del prezzo predatorio è un non-senso, e risulta difficile da capire razionalmente per chi non è avvezzo all’economia aziendale.

In realtà, tutto è perfettamente spiegabile cambiando i punti di vista: la strategia del prezzo predatorio non è una strategia di vendita, ma semplicemente una particolare strategia di marketing che rientra nella promozione.

Pertanto, deve essere considerata, esattamente al pari della spesa per la promozione pubblicitaria, un costo necessario all’azienda per rimanere, in determinate occasioni, competitiva sul mercato, andando a tentare di eliminare sul nascere la concorrenza.

Qual è l’obiettivo finale del prezzo predatorio?

Il prezzo predatorio non mira ad aumentare le vendite aziendali, né ad aumentare il ricavo marginale (il ricavo totale rispetto alla quantità totale di merce venduta).

L’obiettivo della strategia è, semplicemente, abbassare talmente tanto il prezzo di vendita di alcuni prodotti considerati chiave affinché l’azienda o le aziende concorrenti, nuove sul mercato, non riescano a pareggiare l’offerta del prezzo, e quindi a rimanere in attività.

Datosi che il prezzo è, tra le quattro leve del marketing, l’unica che porta l’effettivo guadagno all’azienda, costringere un concorrente ad adeguarsi a prezzi impossibili da pareggiare equivale ad estrometterlo dal mercato e portarlo alla chiusura.

C’è quindi una fondamentale differenza tra una vendita con prezzo promozionale ed una invece con prezzo predatorio: nella prima l’azienda decide di vendere con un certo sconto una certa quantità di merce, guadagnando (magari poco), mentre nella seconda strategia l’azienda mira esclusivamente a schiantare la concorrenza con prezzi quasi in perdita, e la vendita finale non è l’obiettivo principale.

Perché il prezzo è una discriminante così importante nel commercio?

Tra tutte le quattro leve del marketing, il prezzo è l’unica variabile che fa incassare l’azienda, e ne permette quindi la sussistenza.

Altresì, il prezzo è il primo elemento che un potenziale consumatore nota prima di comperare un qualsiasi prodotto.

Esistono innumerevoli strategie del prezzo, adatte più o meno a tutti i tipi di prodotti, produzioni o tattiche aziendali, tutte studiate per attirare un certo tipo di consumatore e permettere la vendita.

Alcune di queste strategie tengono in grande considerazione la qualità finale del prodotto e il brand che esso significa, alcune danno più importanza all’economicità dello stesso e alla penetrazione nel mercato dell’azienda.

La maggior parte dei consumatori spesso vede il prezzo come l’unica discriminante da considerare per l’acquisto o meno di un prodotto, e tra due prodotti percepiti come similari (per qualità reali o per buona comunicazione promozionale) tenderanno sempre a preferire il prodotto col prezzo più basso.

Il prezzo più basso non è sempre sinonimo di convenienza, ma commercialmente è un potente incentivo all’acquisto: non tutti i consumatori sono esperti del prodotto che devono comperare, anzi molti si basano solamente sul sentito dire e, per l’appunto, sull’offerta più conveniente.

Proprio su questo punto fondamentale del mercato fa leva la strategia del prezzo predatorio.

Come si attua il prezzo predatorio?

La strategia del prezzo predatorio prevede la messa in vendita ad un prezzo molto basso rispetto a quello di listino di una selezione di prodotti, scelti con cura dal marketing dell’azienda che si deve difendere dalla nuova concorrenza.

Spesso sono prodotti delle linee più popolari, oppure prodotti simbolo dell’azienda.

Contestualmente, viene decisa anche la quantità totale dei prodotti che saranno oggetto della strategia, nonché per quanto tempo essa sarà valida.

A questi prodotti selezionati viene tagliato in maniera consistente il prezzo, spesso portandolo molto vicino al limite minimo di guadagno o addirittura andando sotto di esso.

A volte, l’azienda è costretta ad andare sotto ogni margine di guadagno, vendendo il prodotto in perdita.

Viene preparata poi un’apposita campagna promozionale ad hoc, in cui importanza massima viene data per l’appunto al forte sconto sul prezzo di listino, incentrando praticamente tutta la pubblicità sul prezzo estremamente basso.

Il consumatore, attirato dal prezzo che giudica estremamente conveniente, sarà portato a contattare l’azienda presso uno dei suoi punti vendita (sia fisici che online), permettendo il realizzarsi della ‘predazione’ a scapito dell’azienda concorrente.

Che il cliente finale comperi realmente il prodotto in promozione non è la priorità dell’azienda: la priorità è sottrarre potenziali clienti ai concorrenti, e non vendere con basso o quasi nullo margine di guadagno.

Anzi, se il cliente finale, attirato dal prezzo estremamente basso, deciderà poi di comperare un altro prodotto con ben altri prezzi (non in promozione), per l’azienda sarà solo che un bene.

Ed è proprio questo comportamento che, in genere, si vuole andare ad ottenere durante una campagna di prezzo predatorio.

Il prezzo predatorio è sostenibile nel lungo periodo?

No.

La strategia del prezzo predatorio, garantendo margini di guadagno bassi, bassissimi o del tutto inesistenti non è sostenibile nel lungo periodo.

Il prezzo predatorio è praticato da un’azienda monopolista che vuole mantenere il monopolio del mercato, solo con l’intento di estromettere dallo stesso la nuova concorrenza.

È una strategia che ha un costo, notevole e non riassorbibile facilmente, e che pertanto non può essere praticata per sempre.

Proprio per minimizzare le perdite, non tutto il catalogo prodotti aziendale viene messo oggetto della strategia, ma solo una piccola parte.

Alla lunga, auspicabilmente all’uscita del mercato delle aziende concorrenti, la strategia del prezzo predatorio deve necessariamente finire.

Il prezzo predatorio porta davvero vantaggi ai consumatori?

Solo parzialmente, e comunque limitatamente.

Con la strategia del prezzo predatorio un’impresa monopolista mira a rimanere monopolista, accettando di subire una certa perdita pur di stroncare la concorrenza.

In quest’ottica, le vendite sottocosto sono viste come un prezzo da pagare per raggiungere un obiettivo di marketing specifico.

La convenienza per i consumatori è solo relativa al periodo di vendita straordinaria: una volta eliminata la concorrenza, l’impresa monopolista può rialzare immediatamente i prezzi, anche aumentandoli, non avendo più il problema dei competitors che vogliono eroderle il mercato.

Alla lunga, quindi, in assenza di reale concorrenza, i consumatori vedono sempre un peggioramento del loro potere d’acquisto, anche a fronte di un iniziale (limitato) vantaggio.

Il prezzo predatorio è dumping?

Per ‘dumping’ s’intende la strategia commerciale di vendere prodotti su un mercato estero a prezzi notevolmente inferiori a quelli del mercato originario, oppure di altri mercati simili.

È una pratica viene spesso tentata da aziende che mirano ad espandere il proprio mercato oltre i limiti nazionali di provenienza, ed è considerata in molti stati del mondo (Unione Europea inclusa) illegale.

Il motivo del dumping è facile da intuire: entrando in un nuovo mercato a prezzi irrisori rispetto alla concorrenza già presente, la nuova impresa può accaparrarsi subito tanti nuovi clienti, attratti dal prezzo molto più basso.

Ciò penalizza ingiustamente le imprese autoctone e quelle che invece sono consolidate da tempo nel mercato, e pertanto il dumping è quasi sempre proibito dalle leggi degli stati.

La strategia del prezzo predatorio, pur avendo caratteristiche similari a quella del dumping e lo stesso concetto di fondo (estromettere la concorrenza grazie al prezzo basso), ha obiettivi differenti.

Nel dumping l’azienda che lo pratica mira ad ottenere in breve tempo nuovi clienti partendo da zero, mentre il prezzo predatorio consente all’azienda che lo mette in atto di non far prendere nuovi clienti alla concorrenza che deve invece partire da zero.

L’upselling nel prezzo predatorio

Il prezzo predatorio è una strategia molto costosa, che solo grandi aziende strutturate possono usualmente permettersi (e comunque non per lungo tempo).

L’obiettivo primario della strategia non è farsi nuovi clienti, ma impedire che essi vadano alla concorrenza, stroncandola sul nascere grazie a prezzi stracciati, insostenibili per lunghi periodi.

Il prezzo molto basso, anche se non genera ricavi sostanziali per l’azienda ma spesso solo costi, comunque è un’ottima occasione per attirare potenziale nuova clientela, che può quindi diventare un interesse secondario ma molto ben gradito.

A patto che, s’intende, la nuova clientela comperi non ciò che viene venduto in perdita o quasi, ma altri prodotti ben più costosi.

Il prezzo scontato può quindi essere usato come un vero specchietto per le allodole, per attrarre nuovi consumatori nel punto vendita e poi, una volta lì dentro, convincerli a comperare altri prodotti non in offerta.

Ciò succede comunemente, e spesso coinvolge settori di mercato molto inflazionati, dove la nuova concorrenza è perennemente presente e sempre pronta ad erodere percentuali alle aziende monopolistiche.

Un ottimo esempio di ciò sono le aziende che vendono arredamenti e mobilio per la casa, dove sotto la super-offerta del mese a prezzo eccezionalmente basso, spesso si nasconde la volontà di attirare il consumatore e distrarlo dalla concorrenza, per poi comunque vendergli prodotti di costo ben più alto.

Nel marketing, riuscire a vendere un prodotto più costoso (o in più quantità) di quello che vorrebbe il cliente si chiama upselling, e spesso è associato alla strategia del prezzo predatorio.

Non è difatti un caso che, spesso e volentieri, i punti vendita delle aziende che hanno adottato la strategia del prezzo predatorio ricevono chiare direttive promozionali, nonché di vendita.

I prodotti in offerta ‘specchietto per le allodole’ per attirare i nuovi clienti hanno spesso limiti di quantità, di qualità e di disponibilità, e i rivenditori sono istruiti appositamente a spingere la vendita finale verso altri prodotti non oggetto della promozione, facendo leva su varie tecniche retail per invogliare il compratore a, sostanzialmente, spendere di più di quanto aveva previsto.

Ritornando all’esempio iniziale del bel divano a prezzo eccezionale, non sarebbe quindi raro venire a sapere, una volta entrati in negozio, che le forniture totali sono limitate a pochi pezzi, già tutti piazzati, o che la promozione non prevede scelta di misure o di colori alternativi, e che ovviamente le spese di trasporto ed imballaggio (insolitamente salate) non sono comprese nel prezzo.

Quando conviene applicare il prezzo predatorio?

La strategia del prezzo predatorio non è sostenibile da qualsiasi impresa.

Il vendere a prezzi con margini di guadagno molto bassi, oppure in pura perdita, consente l’adozione della strategia solo a grandi imprese organizzate, che possono ammortizzare le perdite di parte della produzione, grazie a volumi di vendita totale molto elevati.

Solitamente, aziende di questo tipo sono leader reali del loro settore di mercato, quando non totalmente monopoliste. E rimangono in tale condizione proprio perché stroncano sul nascere ogni altro competitor, anche grazie al prezzo predatorio.

Il controllo del mercato, soprattutto delle nuove imprese che accedono al mercato e che risultano quindi in diretta concorrenza settoriale, fa parte delle strategie di marketing, ed il prezzo predatorio è una di quelle.

In generale, conviene applicare la strategia del prezzo predatorio quando:

  • Si gestisce un’impresa grande, economicamente strutturata e in posizione predominante del settore di riferimento, o comunque tra i leader dello stesso;
  • Le aziende competitor che si stanno affacciando sul mercato non risultano di tipologia simmetrica, quindi non hanno né la struttura e né il know-how tecnico uguale all’impresa che deve difendersi con il prezzo predatorio;
  • Si dispone di un catalogo di prodotti ampio e possibilmente ben diversificato, da cui andare a scegliere con attenzione gli articoli da poter scontare;
  • Si può ammortizzare, nel lungo periodo, l’inevitabile perdita economica della strategia;
  • Si dispone di una capillare campagna di marketing e di una formazione del personale di vendita incentrata sull’upselling

Tutte queste caratteristiche, alcune molto onerose, sono appannaggio solo di grandi o grandissime aziende.

Di conseguenza, la strategia del prezzo predatorio è praticabile sono da aziende molto grandi e strutturate, e non è invece economicamente sostenibile per le piccole imprese.

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Ho smontato il mio primo calcolatore elettronico a 9 anni, e miracolosamente sono riuscito a rimontarlo più o meno funzionante.
A 10 anni volevo essere Haran Banjo, a 40 mi sono accontentato di essere riuscito a divenire me stesso.
Non tutto si può vendere grazie al marketing, ma di certo senza il marketing niente si può vendere.
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