FAQ sulle HR (risorse umane)
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Il mondo del lavoro, in Italia, è uno dei maggiori problemi del nostro paese.
L'incontro tra la domanda e l'offerta è spesso difficile e, ormai da decenni, lo Stato si dimostra incapace di facilitare l'incontro tra imprese e lavoratori.
Questo, genera ormai da molto tempo un gap strutturale che è per certi aspetti un unicum in Europa.
Se vuoi cercare di iniziare a capire un settore molto complesso come quello delle HR e del lavoro, queste FAQ potranno esserti molto utili.
- Cosa sono le risorse umane?
- Chi gestisce le risorse umane?
- Dove posso trovare una risorsa che mi occorre?
- In Italia, esiste una borsa del lavoro?
- Quali sono i canali che posso utilizzare per trovare le mie risorse umane?
- Posso appaltare la ricerca di risorse umane?
- Cos'è un'agenzia per il lavoro?
- Quali sono i contratti di lavoro che posso usare per reclutare le mie risorse umane?
- Quali sono le principali innovazioni del cosiddetto "Jobs Act"?
- Posso licenziare una risorsa umana improduttiva?
- Cosa dovrebbe essere testato e vagliato in un colloquio di lavoro?
- Meglio una risorsa formata od una risorsa da formare?
- Cosa sono i contratti collettivi nazionali di riferimento?
- In Italia esiste il salario minimo?
- Posso allontanare i miei dirigenti in qualsiasi momento?
- È vero che in Italia c'è un grosso problema di incontro della domanda con l'offerta di lavoro?
- Qual è la reale situazione del lavoro in Italia, numeri alla mano?
- È vero che l'Italia è un paese poco produttivo?
- Qual è la categoria di lavoratori più numerosa in Italia?
- Le donne vengono pagate meno degli uomini?
Prima parlava strano ed io non lo capivo / Però il pane con lui lo dividevo / E il padrone non sembrava poi cattivo
1. Cosa sono le risorse umane?
Le risorse umane (human resources in inglese, spesso abbreviato in HR) sono tutto il personale di una data azienda.
Dal fattorino al consiglio direttivo, ogni risorsa che, per l'appunto, è un 'essere umano' ed in forza all'organico, è considerato forza lavoro totale di tutta l'azienda.
Vengono chiamate 'risorse' perché possono essere viste esattamente come una qualsiasi altra risorsa dell'impresa, al pari di quella economica, logistica o prettamente componentistica.
Secondo gli standard
moderni, le risorse umane sono un capitale cruciale d'una generica impresa - sia pubblica che privata - poiché la somma delle loro competenze ed abilità è considerata di enorme rilievo nel valore totale di tutta l'azienda.
2. Chi gestisce le risorse umane?
Nelle aziende medio-piccole (meno di 10-15 persone), generalmente le risorse umane vengono selezionate, reclutate e gestite direttamente dal principale referente dell'azienda stessa, che spesso è anche il suo proprietario.
Nelle aziende medio-grandi (oltre le 15 persone), per evidenti limiti di gestione che avrebbe una singola persona, solitamente le risorse umane vengono affidate ad un comparto interno, composto o da professionisti delle HR, oppure da manager o da dirigenti adeguatamente formati.
Nelle industrie particolarmente grandi ed articolate, spesso i vari reparti produttivi hanno un referente locale (solitamente, un senior con grande esperienza, oppure un quadro direttivo od anche un funzionario), che fa riferimento alla sezione centrale.
3. Dove posso trovare una risorsa che mi occorre?
Due le opzioni: o internamente nella tua azienda, oppure rivolgendoti al mercato del lavoro.
4. In Italia, esiste una borsa del lavoro?
Sì, è stata introdotta nel 2003 con l'art.15 del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276.
Tuttavia non è mai stata presa in considerazione né da imprese e né da privati, per via di un rilascio effettivo estremamente lento, macchinoso, assolutamente inadatto per le esigenze del mercato contemporaneo e, di fatto, praticamente inutile.
Viene pertanto utilizzata de facto solo per le comunicazioni obbligatorie delle aziende verso lo Stato (assunzioni, proroghe, trasformazioni contrattuali, cessazioni, ecc ecc.), e non ha alcun valore utile sia per chi richiede forza lavoro e sia per chi la offre.
Il sito della Borsa Continua Nazionale del Lavoro è consultabile a questo collegamento.
5. Quali sono i canali che posso utilizzare per trovare le mie risorse umane?
Principalmente, in Italia l'assunzione di nuovo organico si sviluppa secondo questi canali:
(nota: i canali sono classificati in ordine di priorità ed importanza)
- Reclutamento interno
La risorsa viene trovata tra quelle già disponibili in azienda, ma che svolgono altre mansioni, oppure hanno appena finito un tironicio formativo.
Datosi che è conveniente e rapido integrare in un nuovo ruolo chi è già integrato nell'azienda, è la soluzione che deve essere sempre prediletta, prima di ogni altra; - Passaparola
La risorsa viene trovata in via confidenziale, su suggerimento di dirigenti, colleghi imprenditori, persone di fiducia qualificate nel settore che s'intende coprire con la nuova forza lavoro.
I migliori professionisti, specie di alto livello, sono solitamente popolari nel loro settore, poiché servono molti clienti che tra di loro spesso si conoscono: vale quindi la pena chiedere a qualcuno del nostro stesso settore se può indicare un nome affidabile per soddisfare il bisogno d'organico, con cui magari ha già lavorato e di cui ci si fida; - Auto-candidature
La risorsa viene trovata tra i curricula ricevuti dall'azienda dagli aspiranti lavoratori, inviati in maniera spontanea.
È sempre bene avere un database di papabili dipendenti o collaboratori, in caso si presenti la necessità di colmare un'improvvisa vacanza.
Selezionando le proposte già arrivate, si risparmiano soldi e tempo; - Annuncio economico
La risorsa viene trovata con un annuncio economico su un giornale generalista, un giornale di annunci di lavoro oppure un sito d'annunci (come Infojobs o Monster).
Con l'annuncio di lavoro, l'azienda deve essere preparata a sostenere una quantità considerevole di candidature, oltreché di colloqui.
La selezione richiede del tempo, che può essere più o meno lungo a seconda della qualità dei candidati e la loro attinenza rispetto alla mansione da effettuare e della preparazione dei selezionatori; - Agenzia per l'impiego
La risorsa viene trovata da una ditta esterna specializzata nella selezione del personale.
È solitamente l'ultima soluzione che un'azienda sceglie poiché è costosa, lunga e poco pratica, ma in alcuni casi (lavoro temporaneo, in somministrazione oppure per grandi assunzioni di massa) può avere un senso.
Solitamente, l'agenzia per l'impiego non trova direttamente la risorsa, ma si limita a proporre all'azienda committente una selezione finale di candidati, tutti ipoteticamente validi.
In caso di sommnistrazione (lavoro interinale), l'azienda non assume direttamente il lavoratore, ma è l'agenzia per l'impiego che rigira la risorsa per un periodo limitato di tempo
6. Posso appaltare la ricerca di risorse umane?
Sì, anche se la cosa dovrebbe essere l'ultimo tuo tentativo.
Le migliori risorse umane sono quelle che rimangono per poco senza lavoro, e chi rimane per poco senza lavoro, solitamente, non è nel database di un'agenzia per l'impiego.
Appaltare la ricerca di personale ad una ditta esterna conviente principalmente in tre casi:
- Quando si cerca una risorsa temporanea (stagionale od interinale);
- Quando la selezione è effettuata su larghissima scala, per assunzioni multiple;
- Quando il committente è un ente pubblico, e deve inidire un concorso obbligatorio per reclutare risorse umane
In qualsiasi altro caso l'appalto esterno per la ricerca del personale è sconsigliato, o almeno è considerato come ultima soluzione.
7. Cos'è un'agenzia per il lavoro?
Un'agenzia per il lavoro (od agenzia per l'impiego) è una ditta privata specializzata nel reclutamento e nella selezione delle risorse umane, per committenti terzi.
Sono ditte autorizzate dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, e sono sorte in grande numero dopo l'approvazione del famoso D.Lgs. 276/2003 che ha cambiato radicalmente la struttura del lavoro in Italia.
Essenzialmente sono degli intermediari tra domanda ed offerta, ma possono anche fornire direttamente risorse umane presso le aziende clienti, con la formula della somministrazione.
Sebbene possano sembrare apparentemente una valida alternativa per far incontrare domanda ed offerta, in realtà il loro peso totale nelle reali assunzioni è decisamente basso, poiché quasi sempre offrono database generalisti e selezioni altrettanto generaliste, sovente inadatte alle dinamiche iper-specializzate del lavoro di oggi.
Solitamente, un'azienda ricorre a loro in casi specifici o come extrema ratio, quando non è riuscita a trovare
la risorsa che cerca tramite i propri canali diretti.
8. Quali sono i contratti di lavoro che posso usare per reclutare le mie risorse umane?
Come prima distinzione, occorre discernere tra collaborazioni e dipendenza.
In termini giuridici, la collaborazione
è vista come un appalto esterno che l'azienda richiede ad un professionista (o un'altra azienda), dotato di partita IVA.
Il collaboratore è pertanto una risorsa esterna, ed il suo compenso è deducibile dall'imponibile aziendale: in pratica, è concettualmente uno scambio lavorativo business-to-business, ed il collaboratore esterno non è obbligato a servire solo un committente, ma può averne differenti.
Il lavoro dipendente invece (chiamato anche lavoro subordinato) prevede un inserimento diretto in organico della risorsa umana tramite apposito contratto regolato dalla legge, e la caratteristica essenziale di tale contratto è la dipendenza del lavoratore alla direzione dell'imprenditore.
Rientra nel lavoro dipendente anche il lavoro in somministrazione, ossia quando un'azienda fornice ad un'altra azienda una risorsa, a carattere provvisorio.
Tradizionalmente il lavoro subordinato si divide in due categorie: a tempo indeterminato e a tempo determinato.
Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato non prevede un limite temporale per la prestazione, mentre il contratto a tempo determinato, come il nome fa supporre, prevede espressamente un limite temporale.
Il contratto a tempo determinato ha dei limiti imposti dalla legge, sia temporali che percentuali (in relazione all'organico aziendale): non deve superare i 36 mesi totali di durata massima e, per le imprese con più di cinque dipendenti
i contratti a tempo determinato non possono superare il 20% del totale di tutta la forza lavoro aziendale.
Accanto a lavoro autonomo e lavoro subordinato, dal 2003 esiste anche il lavoro para-subordinato, ossia i contratti di collaborazioni coordinate e continuative (Co.Co.Co.).
È un settore del mercato del lavoro molto spinoso e spesso abusato per creare precariato, in quanto le collaborazioni sono purtroppo soventemente usate per mascherare un vero subordinato, che all'aziedna solitamente costa di più in contributi INPS e tributi vari.
Per limitare al massimo l'abuso di Co.Co.Co. o di false partite IVA (in realtà, mono-committenti), in tempi recenti il Governo italiano ha messo pesantemente mano al mercato del lavoro, con una serie di decreti legislativi comunemente chiamati "Jobs Act", che hanno fortemente limitato il fenomeno del parasubordinato.
9. Quali sono le principali innovazioni del cosiddetto "Jobs Act"?
Per "Jobs Acts" s'intende un pacchetto di nove decreti legge, approvati tra il 2014 ed il 2015, che hanno modificato alcuni aspetti (spesso fondamentali) del mondo del lavoro italiano.
I decreti sono stati inizialmente pensati per arginare il fenomeno del precariato, problema abbastanza sentito e pressante per tutti gli anni 2000, e poi per tentare di aumentare (con un rally) le assunzioni effettive nel paese, intorpidito da una pesante crisi economica cominciata nel 2008.
Per portata generale delle leggi e per l'immediato e profondo impatto sul mondo del lavoro italiano, le nuove disposizioni del Jobs Act sono considerate come la più importante riforma del mercato del lavoro dalla famosa "legge Biagi" del 2003.
Essenzialmente,
le disposizioni salienti dei decreti legge del Jobs Act sono:
- Priorità ai contratti a tempo indeterminato, riformati con il sistema delle 'tutele crescenti'
Con il Decreto legislativo n. 23/2015 i contratti di lavoro a tempo indeterminato riformati mettono dei limiti alla possibilità del reintegro del dipendente licenziato, che può essere riassunto solo in caso di licenziamento discriminatorio, orale, disabilità fisica o psichica (dopo disposizione di un Giudice) oppure disciplinari (quando il fatto non sussiste e sempre dopo disposizione di un Giudice).
Di fatto, con questo nuovo contratto viene abolito il famoso Art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, ed un dipendente può quindi essere licenziato anche per soli motivi economici d'interesse aziendale.
Le 'tutele crescenti' sono l'indennizzo economico che il lavoratore allontanato potrà richiedere, essenzialmente in relazione alla sua anzianità di servizio; - Massiccia revisione dei contratti parasubordinati
Vengono aboliti i Co.Co.Pro. ed i restanti Co.Co.Co. vengono fortemente ridimensionati.
Tutto questo, in ottica di lotta al precariato e all'abuso del metodo parasubordinato; - Liberalizzazione dei contratti di lavoro subordinato a tempo determinato
I contratti di lavoro a tempo determinato vengono liberalizzati, rimanendo col solo limite temporale massimo di 36 mesi (non rinnovabili).
Viene anche messo un massimale percentuale di contratti a tempo determinato che possono essere firmati in imprese con più di cinque lavoratori: 20% del totale.
Per le aziende che superano tale percentuale, sono previste pesanti sanzioni pecuniarie ed altri disincentivi; - Sgravi fiscali e riforma degli ammortizzatori sociali
Vengono previsti una serie di vantaggiosi sgravi per le aziende che assumono con i nuovi contratti, e gli ammortizzatori sociali (come la cassa integrazione) vengono modificati ed allargati anche a fascie di lavoratori storicamente esclusi dall'agevolazione sociale
10. Posso licenziare una risorsa umana improduttiva?
Se il motivo della risoluzione del contratto è economico, sì.
Il Decreto legislativo n. 23/2015 liberalizza le cessazioni di collaborazione tra datore e dipendente, escludendo il reintegro a meno che il licenziamento non sia avvenuto per motivazioni discriminatorie, per sopraggiunta invalidità fisica o psichica, con la sola comunicazione orale o per ingiusta punizione disciplinare (ovverosia, quando il fatto non sussiste).
Per tutti gli altri casi, il lavoratore licenziato non può più ricorrere di fronte ad un Giudice per chiedere il reintegro, ma deve accontentarsi di una somma di denaro, variabile in base a vari fattori, principalmente la sua anzianità di servizio.
11. Cosa dovrebbe essere testato e vagliato in un colloquio di lavoro?
Ci sono varie metodologie di ricerca e selezione del personale, ma in in un generico colloquio di lavoro dovrebbero essere sempre valutate queste caratteristiche:
- Attinenza lavorativa e professionale del candidato con il profilo ricercato dall'azienda;
- Esperienza diretta del candidato nel settore ricercato dall'azienda;
- Eventuali lettere di referenza da parte di passati datori di lavoro del candidato, oppure prove tangibili di effettivi risultati in passato ottenuti (come ad esempio aggiudicazioni di bandi, prodotti passati in produzione, design approvati, software sviluppati, book grafici, ecc ecc);
- Effettiva capacità del candidato di svolgere la mansione o le mansioni richieste dall'azienda;
- Specializzazioni del candidato, maturate durante l'esperienza lavorativa oppure in seguito ad opportuno periodo di studi o formazione;
- Attitudini particolari e caratteristiche uniche del candidato (tutti gli uomini sono differenti, e ciascuno ha delle qualità che possono essere utili all'azienda, anche se non compaiono sul Curriculum Vitae
A meno che non si stia ricercando una risorsa con una certificazione obbligatoria o un titolo di studio indispensabile (legalmente) per una data mansione, sarebbe opportuno valutare successivamente il Curriculum Studiorum, dando piuttosto preferenza alla reale capacità del candidato di svolgere con profitto la mansione che si sta cercando di colmare.
12. Meglio una risorsa formata od una risorsa da formare?
Meglio una risorsa idonea alla mansione che dovrà effettivamente svolgere nell'azienda.
Ci sono posti che necessitano personale già qualificato e formato, e inquadramenti che invece possono permettere una formazione sul campo.
Così ci sono aziende che prediligono la formazione interna ed altre che invece puntano sull'esperienza delle risorse già pronte ed al massimo della produttività.
13. Cosa sono i contratti collettivi nazionali di riferimento?
Il contratto collettivo nazionale di lavoro (abbreviato CCNL) è una tipologia di lavoro stipulato tra datori di lavoro (associati in confederazioni) e rappresentanti sindacali, a loro volta associati egualmente in confedarazioni.
Il contratto di lavoro collettivo riguarda non un singolo lavoratore, ma più lavoratori della stessa tipologia; ha quindi una valenza ad ampio spettro, paritaria per tutti i lavoratori dello stesso settore, in tutta Italia.
Il CCNL detta i tabellari salariali minimi per un dato settore economico, e suddivide i lavoratori in classi di merito (livelli), dal meno al più remunerato a parità di ore lavorate.
Il datore di lavoro non può pertanto retribuire un dipendente meno di quanto il suo livello non preveda, mentre può sempre integrare lo stipendio base usando l'aumento di merito (ad personam).
Tutti i compensi che eccedono il minimo tabellare previsto dal CCNL di riferimento sono chiamati superminimi, e possono essere concordati dai lavoratori e dai datori di lavoro in sede privata.
14. In Italia esiste il salario minimo?
Al momento, no.
I minimi tabellari per tipologia e livello sono decisi su base collettiva dai contratti nazionali (CCNL).
Datosi che i CCNL sono strumenti a largo spettro d'azione, di complicata e lunga contrattazione e, pertanto, ben poco flessibili alle mutevoli condizioni del mercato, da anni si sta discutendo una loro abolizione oppure una loro radicale revisione, col l'introduzione di un salario minimo relazionato su base non più nazionale, ma locale.
Questo, per un motivo ben evidente: un salario al minimo tabellare a (esempio) Cerignola non ha lo stesso potere d'acquisto dello stesso medesimo salario pagato a Roma o Milano, con chiaro svantaggio del lavoratore della grande città, che ha costi di gestione e di vita in generale molto più alti del suo collega
di provincia.
Tutte le proposte di legge in materia di salario minimo flessibile, per ora, si sono tramutate in un nulla di fatto.
15. Posso allontanare i miei dirigenti in qualsiasi momento?
I dirigenti aziendali (chiamati anche con il termine inglese manager) sono una speciale categoria di prestatori di lavoro prevista dall'art. 2095 del Codice Civile, che indica personale con potere decisionale ed autonomia operativa.
La categoria, anche se subordinata, non rientra nelle categorie comuni di prestatori di lavoro e, nello specifico, a lei non si applica l'Art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Anche successivamente all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 23/2015, che ha di fatto depotenziato il limite del reintegro del lavoratore licenziato ingiustamente, i dirigenti continuano a poter essere rimossi in qualsiasi momento dal loro datore di lavoro.
Può essere o non essere corrisposto un bonus di uscita, a seconda del contratto di riferimento nazionale concordato al momento dell'assunzione oppure, laddove si sia usato un altra tipologia contrattuale privata, a seconda di ciò che è stato specificato in quest'ultima.
16. È vero che in Italia c'è un grosso problema di incontro della domanda con l'offerta di lavoro?
Sì, è vero.
In Italia non ci sono più né gli Uffici di Collocamento e né i Centri per l'Impiego, e gli strumenti (scarsi) messi a disposizione dalla Borsa Continua Nazionale del Lavoro sono totalmente inadatti per la gestione efficace dell'incontro tra la domanda e l'offerta che il mondo del lavoro attuale richiede.
Non per nulla, uno studio del 2015 sviluppato dall'Eurostat ha dimostrato che, per trovare lavoro in in Italia, il passaparola è usato da quasi l'85% della forza lavoro disoccupata od inoccupata.
17. Qual è la reale situazione del lavoro in Italia, numeri alla mano?
Dopo anni di profonda crisi, cominciata ben prima del nefasto 2008, il mercato del lavoro italiano sembra lentamente cominciare a riprendersi, anche se è decisamente prematuro parlare di vera ripresa.
In questo dumento ISTAT ci sono gli ultimi rilievi effettuati, che mostrano un timido miglioramento della situazione, quasi esclusivamente dovuto ai decreti legge del "Jobs Act" del biennio 2014-2015, che hanno liberalizzato le assunzioni a tempo determinato e introdotto vantaggiosi sgravi fiscali per i nuovi contratti a tempo indeterminato.
La sensazione, considerando l'ancora molto basso potere d'acquisto generale del paese e l'età media della forza lavoro (molto avanzata), è che si sia in presenza di un rally, dalla durata incerta nel futuro.
18. È vero che l'Italia è un paese poco produttivo?
Dipende cosa s'intende esattamente per produttività, il suo parametro di misura e a che settore (economico e geografico) ci si riferisce.
In questa pagina ISTAT è possibile trovare un'ottima carrellata di dati e statistiche sulla produttività italiana, la cui attenta lettura si consiglia a tutti gli interessati.
In linea generale e prendendo in considerazione il ventennnio 1996-2016, in Italia gli input produttivi ed il valore aggiunto generale sono complessivamente aumentati (specie in alcuni settori, come l'informatica ed il mondo dei servizi digital in generale), ma la produttività totale è diminuita.
Un fenomeno frutto non solo dell'incapacità di molti settori di rinnovarsi e di sbagliate scelte di business, ma anche della diffusa delocalizzazione: un problema non solo italiano, ma occidentale.
19. Qual è la categoria di lavoratori più numerosa in Italia?
Ironizzando: i pensionati.
Scherzi a parte, i numeri (al 2017) vedono la categoria dei lavoratori subordinati sfondare quota 17 milioni.
Il numero è complessivo di lavoratori a tempo indeterminato e determinato.
Subito dietro di loro, 8,2 milioni di partite IVA (persone fisiche o giuridiche).
Non sempre però dietro ogni partita IVA c'è effettivamente un professionista autonomo: molte di esse sono dei contratti subordinati mascherati, altre invece sono inutilizzate.
Complessivamente, i lavoratori autonomi sono circa il 23% dell'intera forza lavoro italiana, e sono la categoria che più è stata colpita dalla crisi inziata nel 2008: dal 2004 al 2014 il comparto ha perso più di un milione di addetti.
20. Le donne vengono pagate meno degli uomini?
No, perché ciò non è permesso dalle legge.
I tabellari minimi dei CCNL di riferimento non fanno differenza di sesso, che è cosa peraltro esplicitamente vietata dalla Costituzione.
Un lavoratore di sesso maschile con livello III del CCNL Commercio e Servizi percepisce quindi lo stesso minimo tabellare di un lavoratore di sesso femminile di stesso livello e di stesso CCNL di riferimento.
I superminimi (o assegno ad personam) sono concordati tra le parti in sede privata, e pertanto possono variare da lavoratore a lavoratore, ma sono in genere legati ad obiettivi di produzione, e non al sesso.
Complessivamente, i lavoratori di sesso femminile percepiscono salari mediamente più bassi perché in media lavorano meno ore dei loro colleghi di sesso maschile, preferendo spesso contratti part-time.
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