La sintesi additiva e la sintesi sottrattiva
- Cos'è la luce?
- L'iride e i colori
- La sintesi additiva
- I pigmenti, i coloranti e la riflessione dei colori
- La sintesi sottrattiva
- L'esacromia
- Il metodo di colore
- Lo spazio di colore
- La gestione del colore nei documenti elettronici
- Il sistema Pantone Matching System
- La cianografia
- La prova colore
- Cosa fare per non sbagliare colore di stampa?
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Ti è mai capitato di progettare un fantastico bozzetto su Adobe Illustrator o Adobe Photoshop, pieno di colori brillanti e meravigliose sfumature gradienti, per poi accorgerti che, una volta stampato, il risultato non era minimamente comparabile a ciò che era invece mostrato a video?
È un problema antico quanto l'inizio della grafica computerizzata, che fa quotidianamente dannare designer, grafici, impaginatori e, in generale, i professionisti della stampa.
Se vuoi sapere da cosa è dipeso e quali sono le contromisure che puoi adottare per aggirarlo, non ti resta che sorbirti una breve lezione di cromatologia.
Buona lettura!
Blinded by the light / Revved up like a deuce / Another runner in the night
Cos'è la luce?
Per capire appieno perché i colori a video e quelli stampati spesso e volentieri non coincidono, innanzitutto bisogna sapere cosa sono i colori.
Quelli che noi comumente chiamiamo 'colori' non sono altro che variazioni di lunghezza e frequenza di una data particella sub-atomica, chiamata fotone.
I fotoni, ossia la luce, sono dei curiosi quanti (unità indivisibili) che hanno un comportamento atipico rispetto a tutte le altre particelle sub-atomiche: non solo sono corpuscoli capaci di muoversi ad altissime velocità (circa 300.000 chilometri al secondo, la massima possibile per il nostro universo), ma mentre viaggiano vibrano, generando quindi una perturbazione nel tempo e nello spazio.
Tale vibrazione è chiamata onda elettromagnetica, e ha differenti frequenze, ampiezze e lunghezze che danno alle particelle delle caratteristiche peculiari.
Il Sole, la stella più vicina alla Terra che, fondendo a livello atomico i suoi atomi d'idrogeno, genera elio e, come sottoprodotto della reazione nucleare, fotoni
Ad esempio, le onde radio che comunemente vengono usate per la comunicazione senza fili hanno lunghezze considerevoli, da 10 cm fino a oltre 10 chilometri, mentre i raggi X usati in radiografia hanno lunghezze piccolissime, tra i 10 nanometri ad addirittura un picometro (0,000000000001 metri!).
Anche le frequenze di vibrazione cambiano a seconda della lunghezza d'onda: le onde radio hanno una frequenza bassa pari od inferiore ai 250 MHz, mentre i raggi gamma superano i 300 EHz (1 EHz è pari a
1 000 000 000 000 000 000 Hz).
All'aumentare della frequenza dell'onda, aumenta anche l'energia richiesta per generare l'onda: ecco perché le onde radio sono relativamente facili da produrre artificialmente con pochissima energia necessaria, mentre per produrre raggi gamma c'è bisogno di un'enorme quantità di energia.
Tutti i tipi di onda però sono solo le tante facce di un'unica medaglia, ossia il fotone e la sua capacità di vibrare.
L'iride ed i colori
Lo spettro visibile della radiazione elettromagnetica, ossia ciò che i nostri occhi riescono a percepire di tutta l'onda generata dai fotoni. Tutta la frequenza che sta oltre il viola e sotto il rosso è invisibile al nostro sguardo
Sebbene la luce possa vibrare generando onde più o meno lunghe e più o meno cariche d'energia, il nostro occhio ha dei limiti strutturali che gli impediscono di vedere tutto lo spettro elettromagnetico, ossia tutte le vibrazioni del fotone.
In realtà e per dirla con tutta franchezza, il nostro occhio percepisce solo una minima parte dello spettro luminoso: esattamente, riusciamo a vedere solamente le frequenze che vanno dai 428 THz ai 749 THz, comprese tra l'intervallo delle lunghezze d'onda tra i 700 nm ed i 400 nm.
Fuori da questa forbice, il nostro occhio non riesce a percepire i fotoni, e siamo totalmente ciechi ad essi: ecco perché non ci è possibile vedere, ad esempio, le onde radio oppure gli infrarossi.
La piccola parte che ci è visibile della luce si chiama iride o luce visibile, e a sua volta è divisa in tanti 'settori' a seconda della frequenza e della lunghezza dell'onda: ogni intervallo di frequenze è percepito dal nostro occhio come un'informazione peculiare, che viene comunicata al cervello attraverso impulsi elettrici e percepita quindi come 'colore'.
Possiamo vedere lo spettro nelle gamme cromatiche che vanno dal violetto (380–450 nm di lunghezza d'onda) fino a rosso (620–750 nm di lunghezza d'onda); tutti i colori nel mezzo, milioni, sono conseguenti allo spostamento della lunghezza o della frequenza dell'onda elettromagnetica.
La luce pura, cioè la radiazione visibile che ci arriva dal sole, non ha di per sé un colore: il nostro occhio la percepisce come bianca.
Un prima è un vetro opportunamente tagliato con base triangolare in grado di scomporre la luce bianca grazie al fenomeno della rifrazione
Se prendiamo però un semplice prisma, ossia un vetro smerigliato capace di scomporre le componenti cromatiche della luce bianca grazie al fenomeno della rifrazione, ci accorgeremo che esso proietta più o meno i colori dell'arcobaleno.
Analizzando ancora nel dettaglio il fascio di luce scomposto, è facile notare che esso vede la predominante di tre colori distinti, che spiccano su tutti e che sembra che siano 'mescolati' proprio per comporre tutto il fascio colorato: sono i colori primari, ossia le frequenze che, unite in quantità variabili, compongono ogni altro colore dell'iride.
Questi soli tre colori possono quindi generale milioni di altri colori, ossia tutti quelli che solitamente vediamo ogni giorno.
Tali colori primari sono quelli corrispondenti alle frequenze del verde, del rosso e del blu: come il nome lascia intuire, essendo 'primari' non sono generati da altri colori, mentre al contrario generano tutti gli altri colori percepibili alla nostra vista.
La sintesi additiva
Immaginiamo una notte senza luna e col cielo velato dalle nubi.
Immaginiamo anche di non essere in città, ma in una radura extraurbana remota, dove l'inquinamento luminoso prodotto dalle luci artificiali umane non è rilevante.
Cosa potremmo vedere nel cielo di mezzanotte?
Semplice: niente.
Tutto nero.
Vediamo ora lo schermo del nostro smartphone preferito: quando il telefono è in stand-by, per risparmiare energia, il display non riceve più implusi elettrici che fanno illuminare i LED che lo compongono oppure il pannello LCD.
Di che colore è, quindi? Nero, tutto nero.
Se serve un altro esempio, possiamo prendere quello della TV: da spenta, di che colore è il monitor?
Ancora una volta, nero.
I display di smartphone, tablet ed anche monitor TV e computer generano le immagini RGB grazie all'emissione di fotoni da una fonte luminosa artificiale (lampade o LED)
Quindi possiamo affermare con ragionevole certezza che il colore che noi comunemente chiamiamo 'nero' in realtà non è un colore, ma l'assenza totale di fotoni, e quindi di luce.
Come possiamo fare per far sì che il nero sparisca, e diventi un altro colore?
Semplice: dobbiamo aggiungere luce!
Ciò è quello che comunemente facciamo quando apriamo ogni mattina gli occhi, quando tiriamo su la serranda, quando forniamo tensione una lampadina elettrica, quando accendiamo la TV oppure sblocchiamo il nostro smartphone.
Semplicemente, aggiungiamo luce.
Il cerchio cromatico della sintesi additiva: l'unione di tutti e tre i colori primari (rosso, verde e blu) genera la luce bianca
Ora, se sappiamo che la luce bianca del sole è in realtà composta da tre frequenze cromatiche ben distinte (verde, rosso e blu) miscelate in quantità eguali, come possiamo fare per ottenere una luce perfettamente bianca?
Com'è logico supporre, dobbiamo aggiungeretre fasci di luce nella stessa quantità: uno verde, uno rosso ed uno blu.
Utilizzando la luce esattamente come un pennello, 'stendendo' le tre frequenze verdi, rosse e blu nella stessa quantità otterremo la luce bianca.
Quindi, possiamo definire che il bianco non è un colore, ma è la somma di tutti e tre i colori principali, in eguale quantità.
Datosi che otteniamo il bianco per addizione dei tre colori, questa modalità di riproduzione cromatica è chiamata sintesi additiva.
La sintesi additiva è comunemente chiamata con l'acronimo inglese di RGB (Red, Green e Blue, ossia il rosso, il verde ed il blu).
Qualsiasi fonte luminosa, artificiale o naturale, produce luce visibile con la sintesi RGB: dal sole, alle lucciole passando le lampadine ad incandescenza oppure i LED.
I pigmenti, i coloranti e la riflessione dei colori
Ora che sappiamo l'esatta natura della luce e dei colori, rimane però una domanda a cui rispondere: cos'è che fa 'colorare' le cose di una data cromia?
Perché ad esempio le foglie degli alberi sono verdi, i pomodori rossi ed il cielo terso è azzurro?
In realtà, quello che colora cose ed oggetti è sempre e solo la luce, ma lo fa in modi differenti a seconda di dove i fotoni sono diretti.
I fotoni si comportano più o meno come delle palline da tennis: possono rimbalzare sulle superfici 'dure' (come il cemento od un campo di sabbia rossa compatta) oppure possono 'affondare' sulle superfici viscose e morbide, come ad esempio una pozza di melma.
Datosi però che la luce bianca è scomponibile, è possibile che i 'rimbalzi' delle palline non diano tutti gli stessi risultati: alcune palline, rimbalzando, vibreranno differentemente e cederanno parte della loro energia al materiale che hanno colpito, cambiando quindi frequenza di vibrazione.
Una sostanza in grado di assorbire tutte le frequenze visibili dell'iride meno una specifica, che viene anzi riflessa, si definisce colorante.
Le sostanze coloranti assorbono tutte le frequenze tranne una, che il nostro occhio percepisce come 'colore', inviando al cervello i segnali elettrici che permettono l'elaborazione e la memorizzazione del dato.
La clorofilla è un pigmento organico fondamentale per la fotosintesi delle piante, dalla classica colorazione verde
Ci sono tantissimi tipi di sostanze coloranti in pressoché qualsiasi materiale (sia organico che inorganico), ma i coloranti propriamente detti sono quelli solubili in acqua, e proprio la loro solubilità penetra nel substrato più esterno degli elementi, colorandoli.
I coloranti che invece non sono solubili in acqua e necessitano di un fissativo per aggrapparsi ai supporti sono chiamati pigmenti: anche in questo caso, ne esistono di tantissime quantità, sia naturali che artificiali.
Un famoso pigmento conosciuto da tutti di origine naturale è la clorofilla presente nelle foglie delle piante, mentre l'emoglobina dei vertebrati (contenendo atomi di ferro) dona al sangue il suo particolare colore rosso cremisi.
Un buon esempio di pigmento naturale per produrre un nero intenso è l'inchiostro di alcuni cefalopodi, come ad esempio le seppie.
Ah, per ritornare alla domanda d'inzio paragrafo, è curioso notare come il colore del cielo terso (azzurro o celeste) è dato dalla grande presenza nell'atmosfera di polveri e gocce d'acqua, al nostro occhio troppo piccole per poter essere notate.
Tali impurità sono insensibili alle lunghezze d'onda più lunghe della luce bianca del sole, mentre invece riflettono le onde di estensione più piccola, come ad esempio quelle del blu/azzurro.
La parte di radiazione blu viene quindi riflessa per tutta la volta celeste (a prescindere dal punto d'osservazione), che appare pertanto azzurra.
La riflessione del cielo nelle acque rende tutto il pianeta azzurro
Il realtà, la lunghezza d'onda che viene maggiormente riflessa è quella ancora più piccola dell'azzurro, cioè il viola; ma dato che i fotorecettori sensibili al violetto del nostro occhio sono presenti in quantità molto più esigua del blu, ecco che il cielo ci appare di quel colore.
Datosi che il nostro pianeta è per la maggiorparte composto da acqua, che riflette naturalmente la radiazione che la colpisce (esattamente come uno specchio), tutta la Terra appare con la caratteristica colorazione azzurra.
Ciò contrasta ad esempio con il pianeta Marte, in cui le sabbie con altissima concentrazione di ferro e l'atmosfera più secca e rarefatta di quella terrestre donano una riflessione tendente al rosso.
La sintesi sottrattiva
Se prendiamo un foglio di carta pulito, non abbiamo bisogno di aggiungere nessun colore per ottenere il bianco, esatto?
Stessa cosa per un muro intonacato, oppure per una tela non ancora dipinta.
Grazie ai pigmenti inclusi nella cellulosa, oppure nella tinta acrilica, un foglio o un muro riflettono già tutte e tre le radiazioni RGB.
Solo quando andiamo materialmente ad aggiungere pigmenti colorati il foglio od il muro cambiano colore, e per riportare la condizione di bianco dobbiamo quindi levare il colore che abbiamo precedentemente messo.
È quindi una sintesi cromatica diametralmente inversa a quella RGB (additiva), dove per raggiungere il punto di bianco dobbiamo sottrarre colore.
Questa seconda modalità di colorazione viene dunque chiamata sintesi sottrattiva, proprio perché è necessario togliere colore per raggiungere il punto bianco.
Mentre la sintesi additiva è generata direttamente da una fonte luminosa (una candela, il sole, una TV, un monitor, una lampada, ecc.) la sintesi sottrattiva lavora passivamente, e cioè: riflette e/o assorbe la luce proveniente da una fonte esterna.
Il cerchio cromatico CMYK.
L'unione dei tre colori primari (ciano, magenta e giallo) forma il nero teorico, che deve essere rinforzato con il pigmento nero per ottenere stampe accettabili
Quando noi vediamo un foglio inchiostrato, un quadro oppure leggiamo un giornale, tutti prodotti grazie ai pigmenti, ai coloranti e alla sintesi sottrattiva, in realtà stiamo vedendo una riflessione di una data fonte luminosa posta ad una distanza variabile dal nostro punto d'osservazione.
C'è bisogno di un esempio facilissimo per comprendere che il vostro giornale che state leggendo a casa, al lume della lampada, sia solo un riflesso della vera fonte luminosa?
Semplice: spegnete la lampada!
Vedete ancora il giornale? No, perché non ci sono più fotoni che possono essere riflessi.
Anche nella sintesi sottrattiva, per ottenere il nero sono necessari tre colori primari che, uniti assieme in eguale quantità, danno la tonalità nera.
Tali colori sono: il ciano, il magenta ed il giallo.
Tuttavia, l'unione di questi tre pigmenti colorati non da esattamente un nero pieno e saturo, ma piuttosto un grigio scuro abbastanza amorfo, che in gergo tecnico è chiamato 'nero teorico'.
Il nome lascia ben intendere che colore sia: teoricamente, dovrebbe essere nero, in realtà non lo è.
Per ottenere il nero pieno, è quindi necessario aggiungere un altro pigmento colorato, questa volta totalmente nero.
La sintesi cromatica sottrattiva quindi necessita non di tre ma di quattro colori primari, ed è chiamata con l'acronimo inglese CMYK (Cyan, Magenta, Yellow, Key black, in italiano ciano, magenta, giallo e nero).
Al contrario della sintesi RGB, con cui possono essere riprodotti tutti i colori dell'iride, con la quadricromia CMYK ciò non è possibile: molte frequenze RGB non possono essere riportate con i pigmenti della quadricromia, quindi altrettanti molti colori non hanno un preciso corrispettivo.
Ecco perché, nella grafica computerizzata, molto spesso i colori stampati a video non danno come risultato una stampa coerente.
L'esacromia
Il sistema di riproduzione a sintesi sottrattiva in quadricromia CMYK ha due problemi fondamentali se paragonato al sistema RGB:
- Ha una gamma di colori riproducibili molto più contenuta;
- Permette sfumature di colore (ossia, transizioni da colore a colore o tono a tono) molto meno fluide
Per ovviare a questi due problemi, nel corso degli anni è stata sviluppata una sintesi cromatica in sei colori invece di quattro, chiamata per l'appunto esacromia.
Esistono due principali tipi di esacromia, a seconda dei risultati che si vogliono ottenere in stampa: l'esacromia CMYKOG (Cyan, Magenta, Yellow, Key black, Orange e Green, ossia i classici colori quadricromatici con l'aggiunta di arancione e verde) oppure l'esacromia CcMmYK, a cui al classico ciano e magenta vengono aggiunti il ciano chiaro ed il magenta chiaro.
Il gamut della quadricromia (a sinistra) paragonato a quello dell'esacromia CMYKOG a destra
L'esacromia CMYKOG è utile per aumentare la gamma cromatica (gamut) della tavolozza, mentre l'esacromia CcMmYK migliora la saturazione e la vividezza dei colori stampati.
L'esacromia può produrre eccellenti risultati in sintensi sottrattiva, ed è spesso utilizzata dai fotografi professionisti per stampare fotografie digitali con una grande qualità delle saturazioni oppure per ottenere eccezionali dettagli grazie all'espansione del gamut.
Di contro, l'esacromia è molto più costosa della quadricromia classica: richiede stampanti specifiche e necessita di preparazione dei documenti elettronici altrettanto specifica.
Il metodo di colore
Il metodo di colore RGB nella sua classica rappresentazione grafica
Abbiamo visto che una generica fonte luminosa emette radiazione elettromagnetica con sintesi RGB, che può cambiare di tonalità ed intensità a seconda della proporzione delle tre frequenze colorate che compongono i fasci di luce e la loro lunghezza d'onda.
Un qualsiasi schermo elettronico proietta immagini grazie ad una fonte d'illuminazione: può essere un tubo catodico, una lampada, un pannello LED, ecc.
Le immagini che vediamo sulle nostre moderne TV o sui nostri smartphone o computer sono tutte generate usando una matrice di pixel in grado di polarizzare fonta luminosa (pannelli LCD) oppure emettere direttamente fotoni già colorati con un data frequenza (pannelli LED).
In ogni caso, le immagini vengono
generate per sintesi additiva, usando i canali RGB.
L'RGB è uno standard codificato nel 1936 dalla CIE (Commission internationale de l'éclairage): esso stabilisce che la radiazione rossa ha una lunghezza d'onda di 700,47 nm; la radiazione verde ha una lunghezza d'onda di 546,09 nm ed infine la radiazione blu ha una lunghezza d'onda di 435,79 nm.
Tuttavia, datosi che i segnali video devono essere inviati elettronicamente dal processore grafico al video, è necessario
trasformare queste misure in qualcosa di più comprensibile per un calcolatore elettronico, digitalizzando le informazioni.
In informatica, un metodo di colore è un modello matematico in grado di rappresentare numericamente i canali RGB, permettendo quindi di convertirli in codice binario intelligibile per un processore grafico.
Tuttavia, il solo metodo di colore non sarebbe comunque sufficiente per i nostri fini pratici di riproduzione cromatica nel video: abbiamo bisogno di un'altra cosa per stampare immagini sui nostri display.
Lo spazio di colore
Il gamut dei principali spazi colore comunemente usati per la grafica computerizzata, confrontati con tutta l'iride RGB: l'Apple RGB, l'Adobe RGB e sRGB
Il modello di colore è un'entità matematica e totalmente astratta: non ha necessariamente correlazione con l'effettiva capacità di riprodurre tutti i suoi colori, e deve pertanto essere convertito in qualcosa di più utile ai nostri fini pratici nonché, non meno importante, qualcosa che sia possibile riprodurre con la nostra tecnologia.
Sin dagli anni '40 del 1900 è stato assodato che è impossibile riprodurre tecnicamente tutti i colori della sintesi RGB; d'altro canto, anche se ciò fosse possibile, sarebbe comunque abbastanza inutile: il nostro occhio non riuscirebbe comunque a caprire da differenza di molte transizioni cromatiche, per via di limiti strutturali dei nostri fotorecettori retinici.
Uno spazio di colore è l'applicazione di un modello di colore ad una data funzione matematica, che rende possibile la riproduzione di una precisa gamma cromatica di colori, chiamata gamut.
Il gamut è la 'tavolozza' comprendente tutti i colori possibili e definiti dallo spazio di colore: non è l'intero metodo RGB ma una parte di esso, utile per applicazioni pratiche.
Gli spazi di colore non sono tutti uguali, ma anzi differiscono tra di loro: ad esempio, popolari spazi di colore come Adobe RGB e sRGB sono differenti, anche se sono basati tullo stesso metodo di colore RGB.
Nella grafica computerizzata, i moderni software sia vettoriali che bitmap sono in grado di gestire differenti spazi di colore, adattando quindi i documenti in base alle necessità finali.
La gestione del colore nei documenti elettronici
Qualsiasi moderno software di editing grafico, vettoriale o bitmap che sia, permette la creazione e la modifica di documenti con vari profili di colore, cioè con vari spazi di colore predefiniti e standardizzati.
Ancora, oltre allo spazio di colore, è possibile scegliere la sintesi del documento: RGB oppure CMYK.
L'utente può scegliere il profilo di colore preferito e la sintensi cromatica in libertà, ma è necessario prestare estrema attenzione alla scelta, poiché i risultati finali dell'elaborato possono cambiare moltissimo tra un'alternativa ed un'altra.
In generale, la problematica principale che deve essere sempre tenuta a mente è: mentre con la sintesi additiva e metodo di colore RGB quello che vediamo a video è un colore uguale a prescindere dal dispositivo che lo riproduce, lavorando con la sintesi sottrattiva in CMYK i colori finali potranno anche essere molto diversi, quando stampati.
Questo perché, come detto in precedenza, le sintesi lavorano per principi differenti, e molti colori non hanno una corrispondenza precisa tra di loro.
Per via molto sintetica, è necessario elaborare un documento in RGB quando:
- Il prodotto finale deve essere stampato solamente a video;
- È necessario produrre una bozza in bassa risoluzione che verrà condivisa a video online, e la cui stampa cartacea è trascurabile
È invece necessario elaborare un documento in CMYK quando:
- Il prodotto finale deve essere stampato su carta o su altro supporto materiale
Va ricordato che, nella stampa offset, qualsiasi documento digitale viene prima pellicolato, ossia vengono prodotte delle pellicole su poliestere trasparente (una per ogni canale di colore) che andranno poi ad incidere le lastre litografiche.
Ogni pellicola prodotta avrà una percentuale di colore che sarà riportato sulla lastra, e che verrà poi stampato su un rullo in gomma che lo trasmetterà al foglio o comunque al supporto finale.
L'unione di tutte e quattro le lastre darà il 100% del colore finale del documento, e quindi l'immagine.
Questo procedimento non è presente nella stampa digitale, che velocizza la produzione stampando (grazie alla tecnologia laser o getto d'inchiostro) le percentuali dei quattro colori CMYK grazie ad altrettanto quattro testine d'inchiostro, direttamente sul supporto.
In entrambi i casi, i documenti stampati devono essere in formato CMYK.
Il sistema Pantone Matching System
Negli anni '50 del 1900, nel pieno boom della grafica pubblicitaria, l'azienda americana Pantone Inc. mise a punto un sistema tintometrico per la catalogazione e la riproduzione dei colori, basato su una tavolozza predefinita di miscele.
Il vantaggio del sistema con colori già miscelati era quello di poter scegliere cromie già pronte da un catalogo, essendo sicuri che a tale numero di codice venisse poi effettivamente stampato tale colore, indipendentemente da chi, cosa o dove si stampava.
In un mondo come quello degli anni '50, in cui i modelli di colore della sintesi sottrattiva non erano ancora standardizzati, un catalogo cromatico affidabile e veloce era una buona idea.
Il Pantone Matching System dapprima venne usato dalle industrie per la stampa di confezioni ed imballi, e poi pian piano s'estese anche al fervente mondo della pubblicità e della carta stampata.
Nel corso degli anni, il sistema di catalogazione della Pantone s'è evoluto ed ampliato, arrivando a contenere tantissimi colori contenuti in svariati set, anche per colori metallizzati.
Il sistema Pantone si basa su due componenti fondamentali: il catalogo (set) di colori, stampato su una speciale 'mazzetta' (chiamata anche tirella), e i corrispettivi dei codici degli stessi.
Il codice colore Pantone è un codice arbitrario formato da due campi, il primo dei quali può essere una parola (come il nome di un colore) od un numero di due cifre che identifica una famiglia di colori.
Il Pantone Matching System conta di 1144 colori standard, che nel corso degli anni sono stati ampliati da altre tinte: sulle tirelle, i set mostrano il codice Pantone, il codice HEX, la percentuale di colore per ogni canale CMYK e RGB.
Il Pantone Matching System è attualmente molto utilizzato dai grafici per i loro elaborati, permettendo quindi superare l'impossibilità di riprodurre a video le esatte cromie CMYK, ed essere sicuri dell'esatta natura del colore stampato (che sarà come quello d'esempio sulla tirella).
Software grafici professionali come Adobe Illustrator permettono di visualizzare i colori del Pantone Matching System ed usarli per la produzione dei contenuti. A codice uguale a video corrisponde codice uguale stampato sulla tirella
Tutti i maggiori software di produzione grafica attuali (Adobe Illustratore, Adobe Photoshop, Adobe Indesign, Quark XPress, ecc.) possono riprodurre a video i set di colori Pantone, che incorporano di default nelle loro librerie, e che possono essere aggiornati grazie al Pantone Color Manager Software.
Il sistema tintometrico Pantone Matching System è da anni il preferito dai grafici e dai designer per la sua facilità, per la sua eccellente gamma di colori e per la sua affidabilità per la corrispondenza tra canali RGB a video e colori CMYK in stampa.
Non è un sistema esente da difetti, comunque: alcune miscele Pantone a volte non hanno una buona correlazione in CMYK e il costo delle tirelle (che sono molte) e del software di sincronizzazione è giudicato da alcuni eccessivo.
Rimane comunque un punto di riferimento standard per la produzione grafica, imprescindibile per ogni studio professionale.
La cianografia
La cianografia è un processo di stampa fotografico che non utilizza sali d'argento per impressionare una pellicola, ma bensì una mistura di citrato di ferro ammoniacale verde e ferricianuro di potassio.
Il metodo di stampa, molto veloce e facilmente riproducibile anche senza una costosa apparecchiatura, fu inventato dall'inglese John Herschel a metà del XVIII secolo.
Le stampe cianografiche hanno il caratteristico sfondo color ciano (Blu di Prussia), in cui le immagini incise dalla luce appaiono bianche-giallognole.
Per via della sua semplicità e velocità, è stato ampiamente usato in passato per la produzione di progetti e bozzetti: non a caso, la parola 'progetto' (inteso come elaborato grafico) in inglese si dice 'blueprint', ossia stampa in blu.
Con l'avvento della stampa offset prima e quella digitale poi, la cianografia non è più usata per stampare i progetti, ma continua ad essere utilizzata per la stampa delle bozze d'impaginazione: il suo basso costo e la sua notevole precisione sono convenienti in fase di valutazione del progetto, perché consentono di valutare subito eventuali cambiamenti da apportare al file, in dimensione reale.
Le cianografie moderne non sono più in Blu di Prussia ma sono effettuate a colori: tuttavia, il fine ultimo della cianografia è validare o meno l'impaginazione, la proporzione ed i contenuti del progetto, e non quello di valutarne il colore, che è invece compito affidato alla prova colore.
La cianografia non deve quindi rappresentare mai un riferimeno cromatico, ma solo strutturale.
Tutti i progetti costosi, per cui è prevista un'ampia tiratura offset, necessitano di almeno una cianografia prima dell'approvazione definitiva.
La prova colore
La prova colore (chiamata anche prova di stampa per antonomasia) sono delle stampe ad alta qualità e risoluzione che consentono di verificare il riferimento cromatico del progetto prima della stampa finale offset.
Sono solitamente realizzate assieme alla cianografia, e contengono sia il progetto completo (così come verrà stampato) e sia eventuali campioni di colore indicativi e correlati allo stesso (ad esempio, i riferimenti Pantone).
Le prove colore sono stampate con stampanti di altissima qualità che possono contenere anche fino a 12 toner di colore, per ottenere un gamut di stampa capace di coprire la scala Pantone e i più usati spazi coilore CMYK.
La prova colore è indispensabile per valutare la cromia generale del progetto, per apportare correzioni di tonalità o saturazioni oppure per sostituire delle tinte i cui risultati finali non sono graditi al cliente.
Stampe di alta qualità come prova colore sono misurate con appositi strumenti dallo stampatore che, in accordo con il cliente, concorda con il grafico eventuali modifiche.
La prova colore, con o senza la cianografia, è obbligatoria prima di dare l'OK definitivo per la stampa offset: il suo costo è moderato (in media dai € 20,00 ai € 40,00 a seconda del formato del progetto), e permette di risparmiare grandi quantità di soldi e tempo in caso di impianto cromatico errato.
Cosa fare per non sbagliare colore di stampa?
Se hai letto tutto questo lungo articolo fino a qui, avrai capito che c'è un problema fondamentale nella gestione dei colori quando si progetta digitalmente: non c'è correlazione esatta tra sintesi additiva e sintesi sottrattiva, e questo è un problema intrinseco non eliminabile e non risolvibile.
Il gamut ottenibile con il modello RGB non è paragonabile al gamut di qualsiasi modello CMYK, e ciò comporta un grosso problema quando si visualizzano a video colori che poi dovranno essere stampati: il rischio di vedere come risultato un colore non conforme è elevato, a prescindere dalla qualità del monitor usato e dal profilo colore.
Per evitare il più possibile costosi errori e ricorrere il meno possibile a ritocchi post-produttivi, è quindi sempre bene seguire queste semplici regole in fase di progettazione:
- Scegliere un metodo di colore adeguato
Alla creazione del documento digitale, prestare sempre estrema attenzione alla scelta del metodo di colore: per contenuti che dovranno essere stampati solo a video (per web o comunque distribuzione digitale) il metodo di colore è RGB.
Per documenti che andranno in stampa fisica, il metodo di colore è CMYK; - Selezionare un profilo colore del monitor idoneo con quello usato nelle applicazioni grafiche
Non è detto che i software di grafica utilizzati ed il monitor usato per visualizzare le immagini usino lo stesso profilo del colore.
Lavorando in RGB, è importante che i profili colore di monitor ed applicazioni siano coerenti con il lavoro che s'intende progettare: alcuni profili di colore tentano di emulare il più possibile il gamut CMYK, e potrebbero quindi essere d'aiuto per i lavori che andranno in stampa fisica (sebbene non vadano mai presi come riferimento cromatico assoluto); - Attenzione ai colori troppo brillanti o metallizzati
Colori troppo brillanti e saturi in RGB non hanno quasi mai un equivalente in CMYK.
I colori metallizzati o che dovranno essere poi stampati su carta lucida (coated) necessitano di un sistema tintometrico di riferimento (come il Pantone Matching System), o non verranno mai stampati decentemente.
Prima di scegliere un colore che vi sembra già 'sospetto' a video, è consigliabile sentire lo stampatore di fiducia e chiedergli un parere; - Utilizzare un sistema tintometrico dove è possibile
I sistemi tintometrici come il Pantone Matching System sono una grande risorsa per la progettazione grafica computerizzata, perché consentono di vedere immediatamente e con ottima precisione i risultati reali in CMYK di una data miscela di colore che si sceglie a video.
Qualsiasi sistema tintometrico non può riprodurre tutto il gamut RGB e la precisione in stampa CMYK a volte difetta, ma permette di scegliere un'ampissima gamma cromatica con anteprime affidabili pre-stampa; - Cianografia e prova colore
Eseguire una cianografia a colori per l'impostazione grafica e una prova colore per la resa cromatica prima di fare l'OK definitivo alla stampa non sono alternative, ma obblighi
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