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Paese di produzione: Italia
Anno: 1975
Durata: 140 min
Colore: colore
Audio: sonoro
Rapporto: 1.85:1
Genere: commedia
Regia: Mario Monicelli
Soggetto: Pietro Germi, Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Tullio Pinelli
Sceneggiatura: Pietro Germi, Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Tullio Pinelli
Produttore: Carlo Nebiolo
Fotografia: Luigi Kuveiller
Montaggio: Ruggero Mastroianni
Musiche: Carlo Rustichelli
Scenografia: Lorenzo Baraldi
Costumi: Giuditta Mafai
Trucco: Franco Di Girolamo

Interpreti e personaggi

Ugo Tognazzi: Raffaello "Lello" Mascetti
Gastone Moschin: Rambaldo Melandri
Philippe Noiret: Giorgio Perozzi
Duilio Del Prete: Guido Necchi
Adolfo Celi: professor Alfeo Sassaroli
Bernard Blier: Nicolò Righi
Marisa Traversi: Bruna, l'amante di Perozzi
Milena Vukotic: Alice Mascetti
Franca Tamantini: Carmen Necchi
Olga Karlatos: Donatella Sassaroli
Silvia Dionisio: Titti
Ulla Johanssen: Amante di Titti
Angela Goodwin: Laura Perozzi
Maurizio Scattorin: Luciano Perozzi
Giorgio Iovine: Ambrosio, padre Titti
Mauro Vestri: il neurologo
Mario Scarpetta: il vigile urbano

Doppiatori italiani

Renzo Montagnani: Giorgio Perozzi
Luciano Melani: Guido Necchi
Melina Martello: Donatella Sassaroli
Corrado Gaipa: Nicolò Righi
Renato Turi: Ambrosio, padre Titti
Roberto Del Giudice: il ragazzo al bar che ordina le brioches
Dante Biagioni: il vigile

Terapia tapioco, brematurata la supercazzola o scherziamo?!?

Trama

Nella Firenze di metà anni '70, quattro inseparabili amici d'infanzia rompono la monotonia della solita, insulsa e noiosa vita cittadina ideando dei diabolici scherzi goliardici che loro chiamano 'zingarate'.

I quattro buontemponi sono il nobile decaduto Conte Raffaello "Lello" Mascetti (Ugo Tognazzi), l'architetto comunale Rambaldo Melandri (Gastone Moschin), il giornalista Giorgio Perozzi (Philippe Noiret) e il barista Guido Necchi (Duilio Del Prete).

Tutti di estrazione sociale e mestieri completamente differenti, ma tutti uniti da una profonda amicizia, che in tutto il film risulta la vera, unica forza sempre a loro disposizione per tirare avanti, e passare sopra le tragiche miserie dell'esistenza umana rinchiusa in una società finta perbenista, logora e logorante, totalmente incapace di ridere e star semplicemente bene assieme.

Nel corso della narrazione, ai quattro amici si aggiungerà il professor Alfeo Sassaroli (Adolfo Celi), brillante chirurgo di fama nazionale ma profondamente annoiato, anche lui, da un'insopportabile vita privata, con una moglie bellissima, ma pazza e maniaca corredata da pesanti figlie, governante ed enorme cane San Bernando al seguito.

JerryI cinque 'zingari' della banda (da sinistra a destra): il Necchi, il Melandri, il Perozzi, il Sassaroli ed il Conte Mascetti

Per tutto il film, farà da voce narrante il Perozzi, che racconterà le surreali avventure vissute con i suoi amici.

È proprio il Perozzi che apre la pellicola, dopo una lunga notte passata a lavorare al suo giornale: non stanco dal lavoro ma stanco di ritornare a casa, da una moglie dispotica e da un figlio che fondamentalmente disprezza (in quanto, al suo contrario, eccessivamente serio e serioso), il giornalista decide che è tempo di andar a far una nuova 'zingarata', ovverosia la radunata totale dei suoi amici, per compiere l'ennesima scorribanda nelle campagne toscane, in cerca di grulli da beffare e risate da condividere assieme.

leggi anche: amici miei atto ii

Reclutato per primo l'architetto Melandri, i due si recano nell'umile e malmesso sottoscala dove vive, in condizioni di miseria quasi totale con tutta la sua famiglia, il Conte Mascetti, terzo membro della compagnia di 'zingari', che lascia la moglie ed i figlioli - di cui non si cura minimamente - al loro destino di morti di fame.

Endovenosa, sorella? Eccomi pronto, grazie!

Il quarto soldato dell'armata è il barista Necchi, il cui reclutamento introduce per la prima volta nella pellicola la famosa "supercazzola" (o "supercazzora", i pareri a riguardo sono ancora vasti) del Conte Mascetti.

Trattasi di un discorso totalmente privo di senso logico, con parole sovente inventate di sana pianta ed altre reali sparate a casaccio, che non mira a costruire un contraddittorio sensato con l'interlocutore, ma che invece punta a deriderlo, lasciandolo in stato confusionale per la gioia dei quattro amici.

JerryLa leggendaria supercazzola del Mascetti al vigile urbano

La bravura del Mascetti nel turlupinare le sue povere vittime, grazie anche al suo modo di parlare forbito ed elegante, è uno dei pilastri di tutta la saga, e a farne le spese come prima vittima presentata agli spettatori è un vigile urbano, a cui oltre che la beffa del Mascetti si aggiunge anche quella del Necchi, che rincara la dose di non-sense facendo scompisciare dalle risa il Melandri.

Reclutato il Necchi, i quattro partono al recupero del quinto ed ultimo membro della compagnia di bischeri, il nuovo arrivato professor Sassaroli, il cui incontro è spiegato in un lungo flashback dalla voce guida del Perozzi.

JerryIl quartetto di 'zingari' mentre va a pigliare il Sassaroli, mentre intona il loro cavallo di battaglia, l'aria "Bella figlia dell'amore"

Tempo prima della narrazione dei fatti attuali: dopo una 'zingarata' durata ben venti giorni, i quattro amici totalmente malconci riescono miracolosamente a raggiungere un ospedale fuori Firenze, e sono immediatamente ricoverati in condizioni pessime.

Il Perozzi ha un braccio rotto, così come il Necchi, mentre il Mascetti ha una gamba fratturata, ed il Melandri invece s'è sfasciato la capoccia.

Messi tutti e quattro assieme nella stessa stanza - gravissimo errore dei medici - i quattro cominciano a combinarne di tutti i colori nell'ospedale, divenendo in breve il tormento delle infermiere e delle suore.

Ma trovano ben presto pane per i loro denti: è il primario, il professor Alfeo Sassaroli, che inquadra immediatamente i soggetti e li sottopone, per punizione, ad una serie impressionante di fastidiosissimi trattamenti medici.

leggi anche: amici miei atto iii

Per nulla piegati, i quattro continuano imperterriti a burlarsi del personale dell'ospedale, almeno fino a quando il Melandri non viene colpito da uno dei suoi ricorrenti colpi di fulmine per il gentil sesso: in questo caso, si tratta di Donatella Sassaroli, la bellissima - ma in cura dallo psichiatra - moglie dell'integerrimo primario.

La donna diventa presto la nuova fonte di divertimento del Necchi, del Mascetti e del Perozzi, che cominciano a 'corteggiarla' telefonicamente, facendole credere che l'ignoto spasimante sia proprio il Melandri.

Buon viaggio, Signore!

L'incontro con Donatella sarà inaspettatamente favorevole al Melandri, che deciderà di compiere il grande passo e presentarsi dal Sassaroli, chiedendogli il 'permesso' di prendergli sua moglie e portarsela a vivere a casa sua.

JerryIl Melandri è convinto dal Sassaroli a lasciare la sua pazza ex moglie

Il Sassaroli si dimostra immediatamente e sorprendentemente accondiscendente, a patto però che il Melandri si accolli pure la governante tedesca, le figlie e Birillo, l'enorme cane San Bernardo, che si bafa un chilo di carne macinata al giorno e dev'essere regolarmente portato alle cinque di mattina a fare i bisogni, pena l'innondazione della casa.

Ovviamente, si capisce ben presto perché il Sassaroli è stato così contento di liberarsi in una botta sola di tutta la famiglia: Donatella si rivela subito una pazza psicopatica, per giunta avvezza alla bella vita e incapace di adattarsi alla più modesta condizione economica del Melandri, che in poco tempo ritorna scornato dagli amici, per chiedere loro aiuto.

JerryL'epica scena degli schiaffoni dati ai viaggiatori dei treni in partenza

Il buon Sassaroli ha deciso infatti di stabilirsi in pianta pressoché stabile dal Melandri, prendendolo in giro e sbeffeggiandolo più o meno tutti i giorni, avendo trovato in lui una perfetta vittima per la sua goliardia: gli amici scoprono così che l'integerrimo professore è anch'esso un micidiale buontempone, annoiatissimo dell'impeccabile vita professionale e scocciatissimo della psicopatica moglie.

Dopo una surreale cena con tutti gli amici presenti, in cui il Melandri è vittima delle tremende battute dei suoi amici in comunella con il Sassaroli, Donatella viene definitivamente scaricata senza troppi pensieri, e tutta la comitiva, con appresso il nuovo arrivato, si reca alla stazione per uno dei suoi 'cavalli di battaglia': prendere a schiaffoni gli ignari viaggiatori dei treni in partenza, mentre essi sono affacciati dal finestrino.

Tale episodio sancirà l'entrata ufficiale del Sassaroli nella banda degli 'zingari'.

Signora, la supercazzola... *Smack

A parte la storia del Sassaroli, già narrata, ogni amico ha la sua croce da portare: il Mascetti ad esempio è un nobile decaduto, che ha sperperato l'intera fortuna della sua famiglia ed anche quella della moglie, e che ormai vive in condizioni di estrema indigenza in un buio scantinato, il cui affitto è in parte pagato segretamente dai suoi amici.

Sempre bisognoso ma con ancora ben forte la propria dignità, il Mascetti si barcamena in lavori precari, come ad esempio rappresentante di enciclopedie.

JerryLa lesbica Titti, amante del Mascetti

Totalmente indifferente ai bisogni della sua famiglia, che per levarsi di torno ha mandato a tempo indeterminato in uno sperduto paesino dell'Appennino Pistoiese, si invischia sempre in relazioni extraconiugali, come l'ultima sua fiamma, una giovanissima ragazza di nome Titti, abbastanza infedele e per giunta tendente al lesbismo.

La relazione sarà scoperta dal padre, un vecchio colonnello in pensione, che spiffererà tutto alla moglie del Mascetti, causando quindi il tentativo di suicidio di quest'ultima.

Il Conte decaduto quindi tenterà di chiudere con la ragazza con uno straziante e puerile monologo, ma non ci riuscirà minimamente.

Cippalippa...!!!

Il Necchi è forse il membro più brillante del gruppo: le sue trovate, spesso sul momento, sono definite dal Perozzi dei veri e propri colpi di genio.

Come quando il gruppo s'imbucò di nascosto ad una lussuosa festa in una villa, e dopo aver gozzovigliato e sbafato gratis, il Necchi sentì forte lo stimolo di andar di corpo: risolse il problema defecando nel vasino del figliolo di casa, inorridendo così governante, partenti ed invitati.

È sempre dalla mente brillante del Necchi che nasce la zingarata più maestosa della cricca: sorpreso un mediocre avventore del bar a mangiare i dolci di nascosto, il pensionato Righi, i goliardici amici mettono su una sceneggiata a regola d'arte, convincendo l'avido omuncolo che fanno parte di una banda criminale, in lotta con i Marsigliesi per spartirsi il territorio.

JerryL'epica zingatata al Righi

Avendo bisogno di un basista per i loro traffici, il gruppo convince Righi ad unirsi a loro, promettendogli milioni di guadagno, che puntualmente non arrivano; in compenso però, lo mandano in giro per lungo e per largo nella provincia, sballottolandolo a destra e a manca, incappucciandolo e spaventandolo, con sommo sollazzo degli amici.

La parte finale della grande zingarata sarà sublime: verrà inscenato un finto conflitto a fuoco con i Marsigliesi, in cui il Sassaroli - fantomatico boss della banda - verrà ucciso, ed il Righi sarà invitato a lasciare la città per recarsi il più lontano possibile, addirittura a Reggio Calabria.

Ma poi è proprio obbligatorio essere qualcuno?

Si ritorna al presente: la giornata della zingarata termina, ed il Perozzi torna a casa, felice di aver passato una bella giornata con i suoi amici, ma al contempo deluso dal dover ricominciare ancora, all'indomani, la solita, noiosa vita di sempre al giornale.

Giornata che difficilmente ci sarà, in quanto il giornalista verrà colto da un improvviso infarto.

Ormai moribondo, al suo capezzale arrivano i suoi amici di sempre, che non possono far altro che assisterlo impotenti durante l'ultimo viaggio; il loro grande amico però, a dispetto dell'indifferenza del figlio e al disprezzo della ex moglie, trasformerà anche l'ultimo suo fiato vitale nell'ennesimo scherzo: befferà il prete, giunto per l'estrema unzione, con una meravigliosa, conclusiva supercazzola.

JerryLa crudele moglie del Perozzi, con il figlio, altrettanto insopportabile

Ma neppure il corteo del funerale fermerà i quattro amici rimasti dalla loro inossidabile ed amara allegria: faranno credere al ritornato Righi che il Perozzi è stato ucciso dalla banda in quanto traditore.

Questo scatenerà l'ultima, grande risata collettiva dei quattro, che riusciranno malamente a nascondere fingendola invece un attacco di pianto.

Un ultimo, grande saluto al loro amico Giorgio Perozzi.

JerryIl funerale del Perozzi, con l'ultima zingarata dei suoi amici

Gli zingari

Giorgio Perozzi
Giorgio Perozzi

Giornalista, è la voce narrante di buona parte della pellicola.
Sposato con una moglie tremenda da cui poi divorzierà, che non apprezza e non capisce minimamente la sua irrefrenabile voglia di vivere e di divertirsi, ha un figliolo che ha ripreso pari pari dalla mamma, totalmente incapace di ridere.
È un animo puro, anche se puramente bischero: non perde occasione per l'ennesimo scherzo o burla, e frequenta volentieri prostitute ed altre donne in generale, ma con una moglie così rigida e così arida se ne capisce bene il motivo.
Ha sempre poca voglia di tornare a casa dopo il turno di notte al giornale (il suo preferito), perché l'ambiente grigio e triste della sua famiglia gli toglie letteralmente l'aria.
Morirà d'infarto dopo l'ultima zingarata, vegliato da tutti i suoi grandi amici, non prima però d'aver gabbato il prete con un'ultima burla: la supercazzola dell'estrema unzione.
Il suo funerale sarà occasione, per i suoi amici, per l'ennesimo scherzo ai danni dell'avido Righi, omaggiando così il feretro dell'amico con l'ultima, grande risata.

Conte Raffaello "Lello" Mascetti
Conte Raffaello "Lello" Mascetti

Conte di nobilissima famiglia ormai senza più il becco di un quattrino, ridotto alla canna del gas dopo aver dilapidato tutta la sua fortuna, ed anche quella della povera moglie.
Non ha il minimo rispetto della consorte e neppure della figliola, che manda anzi il più lontano possibile da lui, e che tiene sempre nella miseria più nera.
Scanzonato e furbo, è dotato di una parlantina eccezionale, con la quale inventa i più atroci scherzi lessicali deridendo i suoi malcapitati conversatori, con una tecnica di sua invenzione chiamata 'supercazzola'.
Come tutti gli altri suoi degni amici è un gran bel puttaniere, e non perde occasione per cornificare alla grande la moglie, per cui non mostra il minimo interesse.
Le sue supercazzole, divenute leggendarie, includono i termini 'Antani', 'terapia tapioco', 'brematurata' che ormai sono entrati di diritto nell'immaginario collettivo italiano come sinonimi di 'non-sense'.

Architetto Rambaldo Melandri
Architetto Rambaldo Melandri

Architetto del comune con l'innamoramento facile, è vittima dei continui scherzi dei suoi amici quando conosce una nuova donna, e bambinescamente se ne invaghisce (il che accade sovente).
Scapolo, è sempre alla ricerca dell'anima gemella, ma è destinato a non trovarla mai.
S'infatua della moglie del Sassaroli, e questo genererà un'esilarante situazione paradossale, che farà entrare il brillante chirurgo nella combriccola d'amici.
Ha particolare passione per le stazioni dei treni, nelle quali adora mettere in atto lo scherzo delle sberle ai viaggiatori in partenza.
Non riesce a resistere alle supercazzole del Mascetti, e la sua spontanea risata ai funerali del Perozzi ne scatenerà una collettiva, omaggiando così al meglio la dipartita del suo grande amico.

Guido Necchi
Guido Necchi

Proprietario del bar-ristorante quartier generale della banda di zingari, è l'anima geniale del gruppo: le sue idee, le sue trovate e le sue zingarate varie, specie nei momenti di stanca, sono considerate dal Perozzi capolavori unici al mondo, degni di un vero e proprio genio.
Sposato ma senza figlioli, lascia sovente la povera moglie alla gestione della trattoria, in quanto impegnato con gli altri ad attuar l'ennesima zingarata.
È sua la geniale idea dello scherzo al Righi, che culminerà in un involontario ultimo saluto al suo grande amico Perozzi.

Professor Alfeo Sassaroli
Professor Alfeo Sassaroli

Stimato e brillante chirurgo, primario dell'ospedale dove i quattro amici finirono dopo un'epica zingarata durata venti giorni, sanguinanti e mezzi morti ammazzati.
È sposato con una donna bellissima, ma dispotica e paranoica, e per questo in cura dallo psichiatra.
Se ne libererà senza troppi scrupoli, appioppandola per un dato periodo allo sciocco Melandri, che diventerà la vittima preferita delle sue burle: è infatti, come gli altri quattro amici, un uomo profondamente annoiato dalla sua professione e dalla scialba e rigida vita privata, che troverà nel Necchi, nel Perozzi, nel Melandri e nel Mascetti la felicità di essere finalmente uno 'zingaro', divertendosi con i suoi nuovi amici.
Sarà vicino fino all'ultimo momento al Perozzi, che non riuscirà purtroppo a salvare dall'infarto.
Tributerà comunque l'ultimo saluto all'amico inscenando per l'ennesima volta la burla ai danni del Righi, in un epico commiato fatto di risate.

Sviluppo e produzione

La recensione del film amici miei

All'inizio degli anni '70 del 1900, dopo oltre un decennio di inarrestabile espansione economica (il cosidetto 'boom' degli anni '50 e '60), l'Italia s'apprestava a vivere un momento sia sociale che politico confuso e confusionario, ben lontano dalla spensieratezza e dall'ottimismo portato dal benessere dei decenni passati.

All'orizzonte si prospettavano nubi grigie, fatte di feroce terrorismo, violenza, instabilità politica, deflazione economica, arcigne lotte sindacali e corposi tumulti sociali, che faranno poi passare alla storia il decennio delle basettone e dei pantaloni 'a zampa' col termine di 'anni di piombo'.

Anche il cinema del periodo, quindi, pian piano si avvicinò alla mutata realtà: si cominciò ad accantonare la spensieratezza e la leggerezza della famosa 'commedia all'italiana', per entrare in una fase più cinica, matura e drammatica, abbandonando la consolidata ironia - a volte, anche sarcastica - di un genere sull'onda del successo da una ventina d'anni.

I film italiani di grido, prodotti nel decennio dal 1970 al 1980 riflettono perfettamente l'incertezza di una società in cui le bombe e le pistole, intermezzata da violentissimi scontri sociali, hanno profondamente cambiato lo stile di vita della gente, ormai poco propensa a vedere con occhi positivi e propositivi il futuro.

"Amici Miei" di Mario Monicelli segna quindi l'inizio della fase finale della commedia all'italiana, e diventerà in pochissimo tempo un classico senza tempo del grande regista romano.

Con le storie scanzonate ma crude e sarcastiche dei cinque, tremendi amici toscani, comincia un nuovo corso di tutta la produzione cinematografica italiana, non più basata sui grandi protagonisti del dopoguerra - e dei loro grandi sogni di rivalsa - ma bensì sulla grandiosità dei 'mostri sacri' avviati verso il viale del tramonto.

Un viale del tramonto però splendente, nella sua drammatica ironia: la vita del Perozzi, del Mascetti, del Necchi, del Melandri e del Sassaroli è un inno alla dolce malinconia di una libertà voluta, cercata, trovata ma solo quand'essa è condivisa con la cosa più cara del mondo che, contrariamente al retorico luogo comune, non è la famiglia, ma l'amicizia. Anche quand'essa è libera di mandarsi a quel paese e di sfottersi allegramente a vicenda, senza provar mai rancore.

La pellicola fu ideata dal grande Pietro Germi, che però non la potè realizzare, per il sopraggiungere della malattia che lo portò alla dipartita nel 1974.

Il progetto venne così affidato a Mario Monicelli che però pretese di inserire, nei titoli di testa, "un film di Pietro Germi", addirittura prima del suo accredito come regista.

È un film nostalgico, eppur così profondamente intriso di un'immensa felicità per quello che si è ora, sul momento, immersi nella gioia dell'ennesima 'zingarata'; una gioia sicuramente effimera, come del resto è effimera l'esistenza stessa, ma non per questo meno cara e meno ricercata.

Anche la morte, intesa nient'altro che l'ultima burla della vita stessa, assume contorni quasi speranzosi: in fondo, bisogna essere veramente qualcuno al mondo, per essere felici?

No, bastano solo i compagni di una vita al tuo fianco, pronti ad omaggirati anche quando sarai tra i più, con l'ennesimo scherzo macabro e surreale, che ti saluta nel miglior modo possibile: facendoti ridere anche al tuo funerale.

La supercazzola

La recensione del film amici miei

Divenuta un vero e proprio tormentone ed entrata in pianta stabile nell'immaginario collettivo, con il termine 'supercazzola' s'intende una burla basata sul veloce sciorinar di parole, spesso inventate di sana pianta unite ad altre effettivamente esistenti, pronunziate rapidamente ed in maniera forbita, con l'intento di confondere l'interlocutore e prendersi gioco di lui.

La conversazione non ha nessun senso logico, e le frasi formate vogliono solamente burlarsi dell'altra persona, che spesso e volentieri non riesce a capire di cosa si sta effettivamente parlando.

Sembrerebbe che l'inventore - nel film - od almeno il suo utilizzatore più affezionato sia il Conte Lello Mascetti, che l'esegue in pressoché ogni circostanza, per deridere puntualmente il suo malcapitato astante.

Per via dell'estrema velocità con cui Tognazzi sciorina le battute, è impossibile stabilire con certezza l'esatta pronunzia delle parole che compongono le sue supercazzole: termini come 'antani', 'terapia tapioco' 'brematurata', 'bitumata', 'scappellamento a sinistra' e 'anafestico' sono periodicamente usati dall'artista, che mette insieme le frasi in modo così elegante e naturale da far sembrare logico un discorso che invece è l'emblema del 'non-sense' assoluto.

In realtà, discorsi di tipo 'non-sense' non sono una novità nel cinema, e neppure nella letteratura: già il Boccaccio nel famoso "Decamerone" usò una simile trovata nella novella ottava della terza giornata.

Nel cinema, il grandissimo Totò usò più volte discorsi totalmente campati in aria, ma dalla fortissima carica comica in grado di confondere gli interlocutori, mentre Gigi Proietti - attore che a parlantina sciolta non è secondo ad Ugo Tognazzi - usò più volte una simil-supercazzola nel famosissimo "Febbre da Cavallo".

Qui di seguito una raccolta delle migliori supercazzole di Tognazzi, prese da tutti e tre i film della saga di "Amici Miei".

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