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eCommerce: storie di investimenti andati male

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Investire nel commercio elettronico è sempre un affare in perdita.

E questo ormai da svariati anni.

Il mercato dell'eCommerce è desertificato, e non solo non c'è più spazio per nuove opportunità, ma anche quelle già in essere arrancano.

"Hey, aspetta: ma mi hanno detto che l'eCommerce è in rampa d'ascesa perenne, con un fatturato miliardario!"

Certamente: nella sola Italia, al 2018 tutto il mercato della vendita online ha raggiunto i 27 miliardi l'anno.

Una cifra davvero incredibile, una percentuale di rialzo in doppia cifra anno su anno, per oltre 23 milioni di clienti.

Ma allora, con questi numeri, com'è possibile che in tale mercato non si riesca a guadagnare?

Semplice: perché a guadagnare tantissimo sono pochissimi.

E tutti gli altri, tantissimi, si prendono meno che le briciole.

Ogni mese ricevo decine di mail, in cui mi chiedono consigli o estimi per qualsiasi tipo di business Below-the-Line, e la grande maggioranza di esse riguarda nuove idee di vendita online.

L'80% ed oltre di quelle idee non è realizzabile.

Vuoi sapere il perché?

Questa pagina ti farà capire, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che il mercato della vendita solamente online non è pane per te. A meno che tu non decida di investire qualche milione di Euro.

Mi spiace essere così rude e dirti in faccia la nuda realtà, ma credimi: è davvero per il tuo bene.

Buona lettura.

Quando il guadagno non c'è, la remissione è sempre certa.

Commercio online: un grande affare per pochi

Calcolare il giro d'affari del commercio esclusivamente online in tutto il mondo è calcolare un qualcosa come quasi 3.000 miliardi di dollari l'anno.

Un fatturato di tutto rispetto, no?

Solo in Cina, il mercato genera vendite per 1.000 miliardi di Euro (un bilione), mentre USA ed Europa generano ricavi per 600 miliardi circa a testa.

Nella sola Italia, tutto il commercio online è cresciuto in doppia cifra per tutti gli anni '10 del 2000, arrivano a sfiorare i 30 miliardi l'anno.

Di tutto il calderone degli acquisti online, i beni staccano fatture per il 55% del totale, mentre i servizi coprono il restante 45%.

Il settore trainante dei servizi è il turismo (quasi 10 miliardi di Euro), mentre quello top dei beni è l'elettronica, con quasi 5 miliardi di Euro.

Come può essere allora che un mercato così florido sia sconveniente da aggredire?

Semplicemente, perché il mercato totale ha grandi cifre sì, ma quelle cifre sono in mano a ben pochi.

Il 45% di tutto il mercato online è in mano ad Amazon (il 36%), eBay (8%) e qualche altro big (solitamente nella logistica) che rosicchia l'1%.

Questa è la media mondiale, ma ci sono realtà locali in cui Amazon arriva quasi fino al 50%, come negli USA.

A spartirsi il restante 55% mondiale ci sono gli store di (rispettivamente): produttori diretti (come Apple) ed aziende dalla GDO, approdate anni fa anche online.

Ad esempio, Apple e Wal-Mart, solo negli USA, rispettivamente arrivano quasi al 10% dello share market... Solo loro due!

Zalando, il noto sito di abbigliamento, ha circa 23 milioni di clienti in tutta Europa, con un fatturato medio di 5 miliardi di Euro l'anno.

In pratica, il 6% di tutta Europa compra su Zalando.

Yoox, altro web store molto conosciuto, fattura circa 2 miliardi di Euro l'anno, e può contare su una forza lavoro di 4.700 persone.

Sono solo alcuni esempi, globali o locali, che ti possono far capire che la torta è sì grossa, ma è spartita in maniera iniqua.

La situazione, dopo almeno vent'anni di eCommerce, assomiglia quasi in maniera perfetta alla fine del XIX secolo nella parte occidentale degli Stati Uniti d'America (il famoso 'Far-West'): tutte le terre disponibili sono già state assegnate, e nuove non ce ne sono.

Chi doveva diventare grande lo ha fatto, ed ora ha un unico scopo: rosicchiare anche i piccoli appezzamenti dei poveracci.

Fino a che rimarranno solo loro, i colossi, a scannarsi per il dominio totale.

La desertificazione del mercato online

In economia, quando un mercato od un settore specifico dello stesso non permettono più l'entrata di nuovi investitori, poiché l'offerta supera in maniera decisa la domanda, si parla di 'desertificazione'.

Anche se il nome può far pensare male, un settore desertificato non è un settore in crisi, anzi: è un settore molto florido, in cui però l'offerta è grandissima, ed è spesso stata già tutta accaparrata da chi sta già facendo business.

Ciò rende molto difficile l'entrata di nuovi concorrenti, sia per ragioni di quota mercato, sia per ragioni di esperienza diretta.

Il mercato dell'eCommerce è un ottimo esempio di settore desertificato: la maggioranza del mercato è detenuta da un ristrettissimo gruppo di colossi, che possono dettare le regole non solo della rivendita, ma anche della distribuzione.

Amazon, eBay, Zalando, Apple e via discorrendo fatturano talmente tanto e hanno uno share market talmente esteso che obbligano i loro fornitori oppure partner commerciali a sottostare alle loro regole.

Per questo, i giganti del commercio elettronico possono permettersi offerte e servizi impossibili per qualsiasi altro rivenditore, e anzi: molte volte, possono vendere alcuni prodotti praticamente in perdita (dumping), solo per escludere un concorrente dal mercato.

Sebbene il dumping sia illegale in molti mercati (compresa l'UE), queste aziende comunque trovano semrpe i modi per praticarlo.

Combattere ad armi pari contro colossi che investono in pubblicità decine di milioni di dollari l'anno, e che si possono permettere il lusso di acquistare spot commerciali da 30 secondi pagando anche mezzo milione di dollari è impossibile, a meno di non essere già miliardari.

E se non sono i giganti dell'eCommerce a picchiare duro, lo fanno quelli a loro immediatamente sotto, ovverosia la GDO, con i mega-store tradizionali che, ormai da svariati anni, hanno cominciato a proporre la loro offerta anche online.

Tutto ciò cosa vuol dire?

Che i piccoli o piccolissimi concorrenti si debbono accontentare delle briciole... Delle briciole.

Chi non ha ormai acquisito il giusto know-how, la giusta esperienza pluriennale e, in soldoni, non ha materialmente contribuito a costruire il mercato (parliamo della fine degli anni '90 e l'inizio dei 2000), ritagliandosi una posizione di rilievo, non ha speranze di cominciare a guadagnare seriamente nel deserto di un'offerta ormai quasi tutta accaparrata.

Storie cominciate male, e finite... Fortunatamente finite!

Ricevo ogni mese le richieste di molti investitori che, dopo il costante martellare in ogni dove sulle meraviglie di crescita e guadagni del commercio elettronico, sono tentati di entrarvi.

Lo sdoganamento del termine ‘startup’ e il gigantesco giro di soldi che ruota attorno ai nuovi business (spesso, solo abili contenitori per riversare ogni genere di finanziamento) ha portato molti a pensare che ‘basta l’idea’, preferibilmente da vendere online.

In realtà le cose non stanno esattamente così: i dati della percentuale di sopravvivenza dei nuovi business totalmente digitali (senza quindi un punto di vendita o distribuzione fisico) sono allarmanti.

Mediamente, solo il 2% dei business online ottiene un successo: al confronto, il tanto bistrattato ed ‘in crisi’ commercio tradizionale se la passa di lusso, considerando che la media del successo si attesta sul 30% del totale.

Il 50% delle nuove attività digitali non riesce a raggiungere i due anni di attività, mentre la perdita economica di oltre 1/3 del capitale di partenza è una condizione in cui si trovano oltre l’80% delle nuove imprese dedicate esclusivamente al commercio online.

Questi dati confermano quindi che, generalmente, entrare in un mercato già in rampa e in inflazione è sempre sconveniente, a prescindere dal business che s’intende intraprendere.

E questo è anche quello che tento di far capire a chi, ogni mese, mi chiede consiglio.

Vuoi sapere che genere di messaggi mi arrivano?

Non ho problemi a pubblicarne alcuni, così potrai leggere anche le mie risposte.

Alcune storie meritano davvero di essere conosciute, per volontà stessa di chi c’è cascato e, purtroppo, ha perso veramente tanti soldi, fiducia e tempo.

Io credo che dovresti leggerle e poi trarre tu le dovute conclusioni.

Chiudere il negozio fisico per il salto nel buio sull’online

Il problema:

“Ciao Georgie, grazie per permettermi questo piccolo, ma per me importante, sfogo.

Come ti accennavo nella prima mail, io ed il mio ex marito ci siamo lasciati illudere che poteva essere una buona idea quella di ridurre le spese del negozio – che fatturava, però aveva subito un brusco calo negli ultimi due anni – mettendoci in testa che avremmo potuto continuare a vendere gioielli online, con un sito dedicato e un negozio su eBay.

Il mio ex era quello più insicuro però, e debbo dirti che buona parte dell’opera di convincimento l’ho fatta io… E che errore è stato!

Non sto a ripeterti cose già dette, ma come tu hai potuto vedere, solo per quella porcheria di sito inusabile ci hanno fatto spendere 7.000 euro, più ovviamente la ‘campagna SEO’ che, ci hanno detto solo DOPO che avevano finito il lavoro ‘doveva essere fatta a parte’!

In sei mesi abbiamo perso il negozio (che come ti ho detto, un po’ fatturava), ci siamo letteralmente rosi il fegato e abbiamo piazzato solo tre collanine sul nostro sito proprietario, ed una decina di acquisti sul negozio eBay.

Per colpa della crisi, immagina: violente litigate, nervosismo a colazione e cena, scatti d’ira e scenate varie fino all’inevitabile separazione… Con spese legali annesse, tanto per non farsi mancare niente!!!

Ti prego di suggerirmi cosa posso fare, almeno per risolvere il problema dell’invenduto che, al momento, è ancora di mia proprietà al 65%, e che avrai tanto bisogno di smerciare, almeno per coprire l’ammanco che tu sai… Confido in te!”

La mia risposta:

“Ciao XXX,
innanzitutto permettimi di darti il primo consiglio in assoluto: se puoi, tenta di riconciliarti con chi, nel bene e nel male, ha condiviso con te cose belle e meno belle.

Tutti sbagliamo, e tutti diventiamo nervosi quando perdiamo lavoro e soldi.

Se quindi c’è una speranza di andare oltre le incomprensioni passate, credo sia la prima cosa che dovresti tentare.

Detto questo, purtroppo il tuo problema ha ben poche soluzioni.

E tutte quelle che mi vengono in mente, e se vorrai ti dirò, prevedono un’uscita dolorosa ma netta dall’impasse dove vi siete cacciati entrambi.

Impasse che diventa ancora più complicato visto che tra di voi, oltre a molti debiti, ci sono anche spese per le battaglie legali della separazione.

Il tuo sito web non è recuperabile, neppure con una campagna SEM.

E, forse l’avrai capito, ogni pagina web deve essere ‘ottimizzata per il SEO’ direttamente in fase di, progettazione e costruzione, giacché l’appetibilità per i motori di ricerca di una data pagina è la esattamente la pagina stessa, in sé.

Come è strutturata, come si sono impostate le keyword del testo e quale tipo di web copywriting è stato utilizzato, se efficace o meno.

Sebbene il moderno HTML permetta di scindere struttura e contenuti, un buon posizionamento nella directory di Google necessita di una compilazione corretta di entrambi.

Purtroppo, la tattica adottata spesso da molte web agency (che non mi stancherò mai di biasimare), caricando al cliente prima i costi strutturali del progetto e poi quelli di SEO, è un comportamento a mio avviso eticamente e concettualmente scorretto.

Ma al di là di questo, ritengo che l’idea di abbandonare un punto vendita fisico, benché gravoso, certo, ma ancora in utile, è stata sicuramente la primaria fonte di disastro.

Questo per tanti ottimi motivi, tra cui la possibilità di ammortizzare le perdite online proprio con la rivendita al dettaglio.

Soprattutto in un settore particolare, ossia quello della gioielleria di un certo costo e valore, in cui il cliente nella stra-grande maggioranza dei casi vuole toccare con mano prima di acquistare.

Ti sei mai chiesta perché la maggior parte dei gioielli che trovi in vendita sui canali digitali sta sempre sotto un certo valore di prezzo?

Riguardo al materiale che devi giustamente cercare di smerciare, possiamo discuterne ma, come ti ho detto in precedenza, le soluzioni non saranno indolore.”

Sigarette elettroniche online

Il problema:

“Ciao Georgie,
sono un bischero, lo so: ho speso già € 140000 in un maledetto, maledettissimo servizio di ricambi di sigarette elettroniche, e voglio sputarmi in faccia da solo!!!

Ci sono entrato con due miei amici, era il 2011 e ti devo dire che si guadagnava bene, almeno all’inizio, tanto che con circa 10000 a testa potemmo avviarlo e rientrare davvero in poco tempo della spesa.

Ero felice anche perché, sai, avevo investito quei 10000 dopo anni di lavorucchi e precariato vario.

Le cose sono cambiate dopo circa tre anni, quando i fornitori ci spinsero a comperare sempre più stock promettendoci sempre maggiori sconti: più compravamo e più scontavano, e ci sembrò un bene fare molto magazzino.

Non l’avessimo mai fatto!!!

Praticamente ci caricammo di quasi 150000 di merce, e considera che avevamo un buon giro d’affari si ma che si assestava sui 30000 al mese lordi… Levaci IVA, IRPEF, spese di gestione, INPS e gabelle varie e dividi per tre, e capirai… Si guadagnava sì, per carità bene pure, ma di certo non eravamo tutti in giro col Ferrari!

Insomma vabbè, i primi problemi cominciarono a fine 2015: subimmo, non so perché, un crollo sul nostro sito proprietario.

Diminuirono visite, ordini, subimmo anche un calo spaventoso dei risultati delle SERP, che ci costrinse a rivolgersi ad una nota web agency romana: altri 8000 euro per una campagna di AdWords e Facebook di tre mesi, che dovemmo bloccare perché  ci stava costando di più di quello che riusciva effettivamente a farci guadagnare… Insomma, già a metà 2016 stavamo sotto di 90000, con i fidi bancari da 20000 tutti esauriti.

Lì feci l’errore che ancora non mi perdono: invece che mollare tutto, decisi di liquidare i miei soci (con pochissimo, almeno quello) ed accollarmi da solo tutto, essendo ancora convinto di potercela fare. Avevo idee, ero convinto davvero che levandomi ‘la zavorra’ potessi ruscire a rientrare, anche perché avevo concordato con i fornitori un piano di rientro fattibile… Sì, fattibile ‘uha sega’, come diciamo noi qui a Pisa!

A fine 2016 stavo sotto di 120000, e lì, preso dalla disperazione, mi rivolsi ad un’altra web agency, ancora più grossa della precedente, che mi disse subito che il problema era il sito (e grazie!!!): andava tutto rifatto, non era più ‘a norma’, mancava questo, mancava quello, bisognava fare qui e lì e blablabla… Insomma, altri 20000, che riuscii a pagare con un prestito da una finanziaria, avendo ormai finito ogni credito con la banca.

Che te lo dico a fare poi di come è andata… Ho dovuto chiudere tutto, ho evitato il fallimento solo perché ho dato in garanzia un vecchio (ma fruttifero) capanno industriale di mio nonno, che forse – forse!!! – sono riuscito quasi a vendere.

Ora che devo fare, dimmi te: ho circa 80000 euro di merce che non se la prende nessuno, un sito che è praticamente invisibile a Google, Yahoo! e, credo, pure alla CIA… Almeno vorrei, se possibile, ritornare di anche un 50% della merce…

Anche perché gli aromatizzanti hanno una durata massima immagazzinabile di 4 anni, e quasi 3 sono andati…

Grazie, aspetto tue!”

La mia risposta:

“Ciao XXX,
purtroppo temo che il tuo problema sia in primis finanziario.

Al momento, credo che tu ti debba concentrare sul piano di rientro dei tuoi debiti: se la banca e la finanziaria hanno accettato di aspettare fino alla vendita del tuo capannone – che ti auguro davvero di concludere con profitto ed in breve tempo! – è già qualcosa.

Purtroppo, il tempo non gioca a tuo favore: hai in magazzino del materiale deperibile, che già vale poco ora, e varrà di meno ogni giorno che passerà, fino a non valere quasi più nulla verso la scadenza.

Questo non è un problema che posso affrontare con le mie competenze, e pertanto ti consiglio di rivolgerti a un’azienda che tratta questo generi di materiali deperibili, prossimi alle scadenze.

Ce ne sono ovunque in Italia, ti consiglio quindi di cercare e contattarne una.

Per il tuo sito: ahimé, è uno dei tanti siti di eCommerce che non saranno mai trovati dai motori di ricerca.

Il problema non è risolvibile, non con questo materiale e, ti dirò onestamente: neppure se tu investissi un'altra cifra eguale al tuo debito corrente potresti fare qualcosa di serio.

Hai merce inflazionata, in un mercato inflazionato, con un sito invisibile e zero soldi in cassa.

Se digiti su Google la query “sigarette elettroniche” hai circa 4.700.000 risultati.

Indovina chi sono i primi in fila: Amazon e altri grossissimi rivenditori che tu conoscerai di certo.

Non hai neppure un punto fisico dove smerciare al dettaglio e con forti sconti.

Mi spiace, non penso di poter far qualcosa per te, se non augurandoti buona fortuna”

99 red balloons

Il problema:

“Giorgio ciao,
se mi dici che sono un coglione, giuro non mi offendo!!!

Ho aperto un paio d’anni fa un sito dove vendere palloncini ed addobbi per le feste: ci ho speso su 10.000 carte solo per il SEO e tutto l’engine software, praticamente mezza liquidazione di mio padre.

Mi sono affidato ad un franchising, la XXX, promettevano mari e monti, assistenza, consulenza, recupero dell’invenduto, ecc… In realtà gli ho smollato circa 20.000 euro in due anni, spese di INPS e IRPEF apparte!

Ora mi sono liberato di loro, ma ho ancora nel garage circa 9.000 euro di materiale che vorrei proprio dare via… Se non altro, per chiudere tutto!

Basta, ho perso quello che ho perso, voglio solo chiudere!

Mi dai un consaiglio per favore, il sito è XXXX.XXX

Ti pago quello che vuoi anche solo per un consiglio di prego, sto davvero per piangere!!!”

La mia risposta:

“Caro XXX,
cosa vuoi che ti dica?

Mi pare evidente che nell’operazione gli unici che ci hanno guadagnato sono i tali della XXX, e poi ovviamente… L’oste perenne, ovvero lo Stato.

Il sito dove tu ‘lavori’ è quanto mai ‘pesante’ e pessimamente progettato in ottica del SEO: sembra una delle tante soluzioni CMS già pronte, che molto probabilmente ti hanno appioppato già ‘a pacchetto’.

Così com’è non è migliorabile, e non ti consiglio neppure di fartelo rifare: spenderesti soldi inutilmente, e già ne hai persi parecchi.

Il business è finito: lo hai capito fortunatamente, quindi è il momento di chiuderlo definitivamente.

Quando avrai chiuso tutto, potremo pensare a come ‘disfarci’ della merce, sempre che ciò sarà effettivamente possibile.”

Messaggio sbagliato ad un target troppo generico

Il problema:

“Sig. Fiorini buongiorno,
mi sono imbattuta in degli autentici sciacalli che, considerata la mia buona fede e carpendomi un’idea che al momento pareva sensata, mi hanno spillato euro 20.000 convincendomi che potevo vendere gioielli fatti qui a Faenza (vengo da una famiglia antichissima di orafi!!!) negli Emirati Arabi in primis, e nei paesi arabi in generale…

Ovviamente, datosi che tratto solo gioielli artigianali, mi è stato consigliato di puntare sui paesi che possono spendere.

In un anno, circa 40.000 euro totali e zero vendite!! ZERO!!!!

Non mi sono però demoralizzata, una mia amica XXX mi ha consigliato Lei, volevo chiederLe un consulto e magari un appuntamento… Io nell’idea ci credo, solamente non credo a come si sono comportati lorsignori della XXX, che mi hanno lasciata a metà strada, senza supporto, senza aiuto, senza sapere come muovermi!!!

Guardi il sito sarebbe XXX.XXX però non so perché, 9 volte su 10 si blocca alla carica della home… E questo, già da quando era stato fatto!

Attendo Sue”

La mia risposta:

“Gentile XXX,
innanzitutto grazie della fiducia che ha riposto in me e grazie all’amica XXX che Le ha suggerito il mio nome.

Ho dato un’occhiata al Suo sito, ed in effetti ha dei forti problemi di caricamento, anche con connessioni veloci: ad una prima analisi, oltre ad immagini non ottimizzate, c’è un serio problema di script external, ma questo credo che sia il meno.

Ho fatto visionare al volo il sito ad una mia amica araba esperta traduttrice, e devo dirle che molti dei testi sono tradotti malissimo.

Per di più, manca totalmente la versione inglese, mentre è presente quella francese.

Lei sa che nel mercato del target di riferimento la prima lingua che imparano fin da piccini e che viene usata ogni giorno (non solo per lavoro) non è l’arabo, ma è per l’appunto la lingua inglese?

Forse lei poteva anche non saperlo, ma di certo avrebbero dovuto dirglielo gli esperti che le hanno progettato e realizzato la risorsa.

Anche perché, sebbene possano apparire all’esterno come un’unica entità, i paesi arabi sono tanti, ed i target interni di ogni paese sono ancor di più!

Detto questo, ci sono una serie di grossolani errori, quello che mi ha colpito più di tutti è stata la scelta dei visual (ossia, le fotografie delle modelle): chi ha scelto le immagini di donne fin troppo velate, vestite di scuro e per nulla rassicuranti?

Avrebbero dovuto dirgli che negli Emirati Arabi Uniti (lì come in qualsiasi altro paese islamico che ha adottato l’economia di mercato, e in cui girano una quantità enorme di soldi) vivono molto più ‘occidentali’ di noi. Ed ecco perché amano comperarsi i nostri prodotti.

E ciò vale per qualsiasi cliente arabo benestante, di buona cultura, che può permettersi di comperare costosi gioielli italiani.

Detto questo, forse qualcosa si può fare, ma devo studiarmi bene target e devo avere una conoscenza ottimale dei prodotti che vende. Di tutti i prodotti.”

Non sempre essere primi significa vendere

Il problema:

“Giorgio salve,
l’amico XXX mi ha dato il tuo contatto, spero di non disturbarti troppo!

Volevo farti vedere questo mio sito XXX.XXX, e poi questa mia pagina qui sul negozio di eBay XXX.XXX

Per il sito ci ho speso… Meglio che non te lo dico, comunque direi proprio abbastanza, ma non è mai decollato: pochissime visite, in due anni solo 100 acquisti o poco più, una perdita infinita di soldi aggravata dal costo assurdo che mi chiede ogni mese l’agenzia che mi cura tutta quella che chiamano ‘ottimizzazione SEO’…

Mi pigliano 900 euro ogni 30 gg, per ‘farmi stare in alto’ con la ricerca di Google…

Sì nella ricerca compaio in credo buona posizione, però lo stesso…

Gli acquisti poi sono pochi, e mi costa di più la gestione rispetto a quello che incasso realmente!

Io continuerei pure a pagarli ‘sti soldi, ma che almeno mi portassero un guadagno!

Dimmi te, di XXX mi fido e di conseguenza se lui si fida di te ti posso dare carta bianca!”

La mia risposta:

“Gentile XXX,
è sempre bene quando vecchi clienti direi ‘storici’ si ricordano ancora di te, e di te parlano bene… Nonostante i tanti anni passati!

Ho dato una rapida occhiata al tuo sito, che in realtà non è affatto male, ed anche la posizione della SERP organica rispetto a qualche query di prova che ho fatto mi sembra decente, per non dire buona con molte keyword.

Posso senz’altro dirti che, anche se a te non pare, sei decisamente fortunato (o sei stato comunque ben assistito): per il tuo mercato di riferimento, che dire inflazionato è veramente dir poco, è un ottimo traguardo!

Purtroppo, essere nelle prime posizioni delle SERP che ti interessano è sì gran cosa, ma non basta per riuscire poi effettivamente a vendere e concludere la conversione.

Detto questo, credo che qualcosa si possa fare nel tuo caso: magari modificando un po’ la proposta, rendendola un pelo più ‘fluida’ ed ‘accattivante’, tentando di recuperare i rimbalzi e tramutarli in conversioni.”

Se non vuoi essere morso, non nuotare con gli squali

Il business online non è una cattiva idea in sé, ma lo diventa quando si ha la pretesa che possa diventare l'unica risorsa di distribuzione e rivendita di beni o servizi, escludendo a priori l'utilizzo di un punto fisico (negozio).

Il tempo ha ampiamente dimostrato che solo grosse o grossissime aziende riescono a guadagnare rivendendo beni prodotti da terzi, e nel corso degli anni il mercato della rivendita esclusivamente online è stato cannibalizzato da poche realtà, decretando quindi la fine 'a prescindere' di qualsiasi altra impresa.

Questo vale soprattutto per i beni di largo consumo, come ad esempio abbigliamento ed elettronica: prodotti dove il margine di guadagno è solitamente basso o bassissimo, in cui è impossibile - se non si trattano grandissime quantità di beni.

Cosa che possono fare solo colossi come Amazon, Zalando e i big della GDO.

Complice la diffusione capillare dei CSM, delle web agency a basso costo e dell'estrema facilità con cui è possibile acquisire un dominio, un server, un sito web completo, negli ultimi anni c'è stata una spaventosa inflazione di eCommerce.

Si sono prodotti quindi una quantità impressionante di piccoli competitors, tutti convinti di poter contrastare realtà multinazionali, consolidate da anni e con quote mercato praticamente totalitarie.

Il che, ha generato grosse perdite di denaro per tanti piccoli investitori, oltre che un serio problema di qualità totale delle pagine web mondiali.

eCommerce ma non intelligenza

Nessuno ti vieta di tentare di vendere i prodotti online, ci mancherebbe.

Ti dico solamente che, nella maggiorparte dei casi, ciò non ti porta un guadagno, ma solo perdite.

Questo è vero specialmente nei casi in cui punti solamente sulla vendita online e rivendi prodotti che non hai prodotto te, in cui i margini di guadagno sono bassissimi.

Però, un piccolo store online - rigorosamente a budget d'investimento limitato - può esserti utile da affiancare al tuo negozio tradizionale fisico.

Se ti hanno detto che la rivendita fisica è destinata a morire e che non conviene più tenere aperto il tuo negozio, ti hanno solo dato informazioni che, attualmente, non sono veritiere.

E che probabilmente continueranno ad essere tali per molti, molti anni.

Per certi prodotti, di una certa qualità, con certe caratteristiche, l'andamento temporale ha evidenziato come vi sia una profonda e radicata preferenza umana all'aquisto di persona.

Sul web puoi comperare senza problemi il tuo nuovo cellulare, il tuo nuovo computer, anche la tua pizza per cena piuttosto che il deodorante preferito per le tue ascelle.

Ancora, con un po' di fortuna, puoi acquistare anche un paio di scarpe nuove, ed una maglietta o camicia o quello che è.

Di certo, raramente comperi prodotti molto costosi, prodotti di alta qualità artigianale che trovi esclusivamente in uno o più negozietti di fiducia, abbigliamento ricercato - o su misura - oppure prodotti che hanno deciso categoricamente di non essere distribuiti online, oppure che ti piace andare a comperare di persona perché ti danno un senso di appartenenza alla società in cui vivi.

Tempo fa parlavo con una mia amica, appassionata di moda, e del suo obiettivo di spendere una grande quantità di denaro per un prodotto che ha sempre desiderato: la borsa modello Birkin della nota Hermes.

Costo abbastanza proibitivo a parte (che, comunque, lei era ben disposta a pagare, poiché riconosceva al prodotto un determinato valore), le dissi che, qualora lo avesse voluto, conoscevo un fidato rivenditore di prodotti di lusso con uno store su eBay.

Un venditore fidato, professionale da cui avevo già comperato molte volte, con regolare ricevuta fiscale.

Controllando il suo negozio, mi accorsi che vendeva anche le costosissime Birkin, a prezzi un po' inferiori a quelli dei punti di rivendita fisici di Hermes.

Su un oggetto che costa 10.000 e rotti Euro, anche 900 Euro di sconto io credo si possano apprezzare, e tanto!

Quando le feci vedere le borse in vendita sullo store, la mia amica bruscamente mi interruppe e disse: "Non ho risparmiato 15.000 Euro per comperare la mia borsa con un click su eBay. Voglio andare in negozio, la voglio toccare, la voglio annusare, la voglio indossare."

Capii immediatamente ciò che voleva dire: l'esperienza di acquisto è, per certi prodotti, parte integrante del prodotto.

Se hai abbastanza denaro da comperarti una borsa a tre zeri, risparmiare 500, 600, 900 Euro è irrilevante: non stai comperando uno zainetto al mercato o su Amazon, non ti importa risparmiare il2 o 3%.

Stai comperando un sogno, un simbolo: per l'appunto sognato e bramato da anni.

Vuoi tutto il pacchetto che ti sei sempre sognato: vuoi vestirti carina, vuoi entrare nel bel negozio al centro, vuoi farti servire da belle ragazze o bei ragazzi eleganti, vuoi farti offrire il caffé espresso mentre scegli e confronti i modelli vari, vuoi uscire con il sacchetto con su scritto Hermes.

E vuoi anche farti guardare dagli altri mentre lo fai.

Ecco perché con certi prodotti le vendite online non hanno mai decollato, e non decolleranno mai: nell'anonimato di casa, un click od un tap anonimo non ti danno la stessa soddisfazione e non ti fanno sentire parte di una cerchia ristretta, che può permettersi quel dato prodotto.

Perché i mercatini di Natale piacciono?

Vendono solitamente prodotti che puoi trovare anche online ed anche a prezzi magari inferiori, eppure sono sempre gremiti. E ricercati.

Piacciono perché arrivano quando arriva il Natale, e sai che passerà un altro lungo anno prima di rivederli.

E tu al Natale associ sempre un qualche tipo di emozione, che vuoi solitamente condividere nella società in cui vivi, che un sito web difficilmente ti potrà donare.

Con questo spirito critico, tenendo ben a mente quanto ti ho detto, puoi decidere di usare intelligentemente un sito web di eCommerce da affiancare alla tua attività fisica.

In questo modo, puoi proporre in vendita merce che vuoi vendere a prezzo promozionale (rimanenze di magazzino o prodotti che vendi poco), evitando di deprezzare troppo i tuoi prodotti di punta.

Nel sito di eCommerce puoi dare molte informazioni ai tuoi clienti o possibili avventori, e puoi descrivere meglio i tuoi prodotti, comprese caratteristiche tecniche ed eventuali regole di garanzia.

Puoi anche decidere di fare brevi campagne SEM mirate, con costo contenuto, per particolari promozioni o stagioni specifiche (i saldi, Natale, ecc.).

Anche nell'eventualità (probabile) che il tuo sito non generi guadagni costanti, la tua attività fisica può coprire le perdite: ciò potrebbe esserti anche utile per abbassare l'imponibile, nel caso tu ne abbia bisogno.

Insomma, un sito di eCommerce da affiancare ad un'attività tradizionale e a cui assolutamente non affidi le sorti della stessa (ma piuttosto miri al complemento) può essere una buona idea.

Chiamami, parliamone

Promozione e marketing a Roma

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Ho smontato il mio primo calcolatore elettronico a 9 anni, e miracolosamente sono riuscito a rimontarlo più o meno funzionante.
A 10 anni volevo essere Haran Banjo, a 40 mi sono accontentato di essere riuscito a divenire me stesso.
Non tutto si può vendere grazie al marketing, ma di certo senza il marketing niente si può vendere.
La buona promozione parte da un buon prodotto, al quale non si deve mai rinunciare.
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